Titolo: 16 marzo 2008 secondo nephilem Inserito da: nephilem - 16 Marzo 2008, 21:26:46 Sono trascorsi poco più di sette giorni dal mio rientro dalla germania... e mi accorgo che invece di essermi riposato sono più stanco di prima. Al mio rientro tutti i problemi che avevo lasciato in stand by sono riemersi con tutta la loro prepotenza. L'influenza, che mi ha regalato per la prima volta quelle uniche sensazioni che si provano quando si ha la febbre... il lavoro, che martedì mi aspettarà ancor più spietato... e come se non bastasse un bel provvedimento disciplinare a mio carico, 6 giorni di sospensione, per condotta fuori protocollo.
Non riesco a vendere il mio appartamento, e la mia separazione viene rinviata ancora una volta... facendomi vivere una vita da marionetta. Unica consolazione, è, che almeno ho imparato a fare il casalingo, quindi quella strana e malefica macchina che ho in bagno che sarebbe la lavatrice non ha più segreti per me, quindi, niente più allagamenti o panni di colori strani. Non appena sono stato in grado di uscire subito mi sono diretto nel parco a me tanto caro, con il mio libro, e occhiali da sole, e tra una camminata e l'altra mi sedevo si di una panchina ai margini del fiume a leggere. Mi ricordo che alla mia destra non tanto distante vi erano due donne con in braccio due noenati che discutevano. Io le osservai per il loro sorriso, e per la luce che emanavano i loro occhi quando guardavano il loro figlio... si vedeva da un miglio di distanza che erano pazze di gioia, e mentre le guardavo mi domandavo tra me e me... è questa la felicità? Una mamma con il proprio figlio in braccio? sicuramente non troverò mai una risposta ma stetti a guardarle a lungo fino a quando non si alzarono e si diressero all'uscita del parco. Con un sospiro mi alzai pure io e a piccoli passi mi diressi verso l'auto, mi sentivo ancora debole, e dovevo tornare a casa per cucinare la cena. Questo accade circa 3 giorni fa, da allora fino ad oggi, ho guardato sorgere il sole, e atteso che tramontasse portandosi via con se la luce del giorno lasciando il posto alla sera quindi all'oscurità. Momento in cui io sento di incominciare a vivere, posso togliere finalmente gli occhiali da sole, e lasciare che i miei occhi possano finalmente aprirsi alla luce artificiale del mio appartamento, fino ad allora in penombra. Cammino per il corridoio rimuginando e pensando di continuo, ogni tanto osservo l'uniforme appesa sull'armadio, come se fosse una parte di me che attende il momento di essere risvegliata. Il letto della ia camera, oramai pieno di ricordi solamente, e, il freddo che provo quando mi corico, allungando la mano sulla mia sinistra e sentire il vuoto, e mi convinco che i miei sogni sono sempre più vuoti. Tenere la televisione accesa per non sentire il mio respiro, e non capire nemmeno una sillaba di quello che stanno trasmettendo, ricordandomi i giorni in cui ero in germania e vedevo la tv senza capire nulla. Leggere il mio libro camminando su e giù per l'appartamento, sussurando le parole come se stessi recitando una preghiera. Guardarmi allo specchio dopo aver fatto la doccia, e toccare le cicatrici che mi fanno ricordare la mia incoscienza, la mia idiozia, la mia pura follia, il mio odio che aumenta sempre più ogni qual volta che indosso l'uniforme... spietato, freddo, insensibile... una vera macchina... che soffre se non fa soffrire. Ma poi? quando rientro, alla mattina, ecco che torno quello che sono, ma non ho più lacrime nemmeno per me stesso, cercando un perdono che non avrò mai. Accarezzo la pistola, come se fosse un'oggetto da venerare, la guardo, la peso, la impugno tra le mani come se fosse uno scettro, ma è solamente il fantasma delle mie paure, quelle paure che ogni notte devo fare i conti lasciandomi in bilico in un filo sottilissimo... I miei genitori anche se non vogliono crederci, sono consapevoli che avrò vita breve, e si dannano ogni giorno per cercare di salvarmi... ma io devo salvarmi da chi? Di preghiere me ne dicono tante a mio suffragio, chiedono aiuto a chiunque per cercare di portare nella retta via il figlio smarrito, mio padre quando mi parla ha sempre le lacrime agli occhi, e sta in silenzio quando con la coda dell'occhio si accorge che tengo lo sguardo abbassato per non incrociare il suo sguardo. Mi chiede sempre che cosa mi passa per la mente, e mi domanda spesso di renderlo felice prima di morire... ma lui sà già la mia risposta, e sò in cuor mio che le sue lacrime sono anche le mie. I miei genitori piangono anche per me... Ora sono nel mio appartamento, ho appena finito di cenare, è domenica sera, e domani inizia la settimana... un'altro giorno finisce, e domani l'alba sarà sempre la stessa, come ogni tramonto, fino a quando... i miei occhi avranno la capacità di vedere ciò che fino ad ora hanno scorto.
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