Forum - Villarosani.it

Villarosa => La storia => Discussione aperta da: Rommel - 04 Novembre 2005, 22:28:48



Titolo: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 04 Novembre 2005, 22:28:48
Nel Luglio del '43 in Sicilia sbarcano gli americani, a Gela i GI'S arrivano il 10 Luglio a villarosa nelle settimane successive iniziano a cadere le prime bombe molta gente si rifugia alle grotte nella zona stanzie, ....
raccontate il resto

chiedete ai nonni....e scrivete qui la continuazione


Titolo: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: jack_sparrow - 29 Novembre 2005, 17:55:40
Dalle poche cose che mia nonna mi ha raccontato ricordo solo delle fuge verso la campagna quando cominciarono a cadere le bombe... e degli americani che festosi salutavano tutti!


Titolo: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 03 Dicembre 2005, 15:57:31
Bene, tutti andavano a rifurgiarsi dietro villarosa in contrada stanzie o dove oggi inizia il boschetto della stazione....


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 10 Luglio 2006, 22:22:41
I bombardamenti volevano colpire due batterie di contraerea tedesca poste al convento e al cimitero


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: jack_sparrow - 10 Luglio 2006, 22:57:39
Ammazza quante ne sai  :good:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 13 Luglio 2006, 19:03:04
Beh, se indaghi scopri forse ho anche qualche foto su internet :D


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 03 Agosto 2006, 22:29:24
inoltre i bombardieri americani, volevano colpire il ponte e la stazione di villarosa, bombardata diverse volte anche nei giorni successivi.
Anche la stazione di imera veniva bombardata e a fortolesi che fa comune di villarosa la gente si rifugiava nelle gallerie della ferrovia.
 :guns:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 02 Novembre 2007, 19:38:02
chiedo al ns amico osvaldo che ha vissuto, forse, quei giorni in paese se ci racconta la sua storia


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 06 Novembre 2007, 21:09:53
Cronaca d'una giornata del breve sfollamento dei Villarosani.

                                                                   12 LUGLIO 1943
Ho da poco comprato in contrada Quattro Aratati un pezzetto di terra sul quale sto facendo costruire una piccola casa.
Sono legato a questa zona per motivi sentimentali perché a 150 metri da lì e sulla stessa dorsale trascorsi, eccetto uno, i bei momenti della mia infanzia insieme coi miei cugini.
In quest’ultima primavera, in attesa della concessione edilizia, passavo il tempo a far qualcosa, quando attrasse la mia attenzione un aereo che volteggiava a bassa quota. Nulla di strano; solo che ad un tratto sentii percorrere un brivido per la mia schiena. Lì per lì non mi seppi spiegare questa strana percezione, quando il filo della memoria mi trascinò a 64 anni prima nella casetta a secco col tetto di canne ch’esisteva lì presso e e mi rividi disperato, in mutande, con un Crocifisso in mano e una coperta ripiegata in testa, a pregare sotto il crepitio delle mitragliatrici.
Eravamo alloggiati in quella campagna alla meglio dal sabato precedente; quella sera mio padre e mio zio, dalle voci che c’erano in giro, avevano intuito ch’era successo qualcosa di grave. Decisero che si andava in campagna; ognuno di noi aveva il fardello adatto all’età e alle capacità, con mia nonna sofferente e quattro bambini di cui due lattanti. Si andava ovviamente a piedi, l’auto allora l’avevano a Villarosa il tassista e forse si o forse no qualche figlio di papà. Si andava al buio e in silenzio; s’udiva monotono il rumore d’una lunga colonna d’autocarri militari italiani. I grandi chiedevano ai soldati che cosa era successo e tutti davano la stessa risposta: - Non sappiamo nulla, l’ordine è di andare verso est.
La domenica mattina per noi ragazzi fu un giorno di festa, mio zio aveva persino montato davanti all’uscio della casetta un telone che facesse ombra  ai bimbi; intanto i grandi si davano da fare a sistemare le poche cose nell’esiguo spazio.
Ritorniamo a lunedì 12 luglio, sesto compleanno di mio fratello. L’annuale avvenimento si solennizzava con un cono gelato, ovviamente solo per il festeggiato. Così mio fratello chiedeva insistentemente quando si andava in paese per il gelato d’obbligo.
A Villarosa ancora la guerra non l’avevamo vissuta, ma gli sfollati dalle grandi città raccontavano dei bombardamenti che si accanivano principalmente sulle  città portuali e sulle stazioni ferroviarie. Una certa signora Lisacchi, sfollata da Palermo e anziana come mia nonna, aveva detto che quando fioccavano le bombe circondavano il capo con un morbido cuscino. Io non capivo a cosa potesse servire un cuscino: lo capii solo da grande: poteva solo attutire la caduta di qualche calcinaccio e nulla più.
Nondimeno quella mattina, 12 luglio, dal momento che non ero arrivato a conquistare un cuscino mi arrangiai con un coperta, non si sa mai.
Aerei inglesi stavano bombardando e mitragliando una colonna di automezzi tedeschi, che come quelli italiani del sabato sera si dirigevano sempre verso est.
Molti i vicini che erano accampati intorno e senza casa vennero a rifugiarsi presso di noi. Lascio immaginare la disperazione e il pianto dei bambini, l’angoscia delle mamme rimaste sole in quanto gli uomini erano in paese a procacciare del cibo …
Un solo uomo se ne stava tranquillo seduto su una sedia. Faceva tanta rabbia alle donne che lo invitavano a dar qualche consiglio. Lui spiegò che era reduce dalla Russia perché ferito e mostrava alcune delle cicatrici sul braccio ancora rossastre e aggiungeva che per lui tutto quello che stava capitando era niente al confronto di quanto aveva provato. Si trattava del signor Calogero Casale, ex postino, scomparso qualche decennio fa, la cui moglie e figli sono in Villarosa.
Andiamo a mio padre e mio zio che si precipitarono verso la campagna consapevoli del pericolo che incombeva anche su di noi, molto vicini alla statale n.121: la preoccupazione era molto fondata perché ad incursione finita si trovò un grosso ramo dell’ulivo, che incombeva sulla casetta le cui mura seguivano la pendenza del terreno, tranciato di netto.
Appena fuori del paese, al bevaio, incontrarono piangente Serafino Russo, l’ex vigile. Mio padre gli andò incontro perché, a parte lo slancio umano verso una creatura disperata,  si trattava del figlio di sua cugina, il cui terreno per giunta era confinante con quello in cui ci trovavamo noi. Serafino singhiozzando spiegò che i suoi erano tutti morti: per fortuna era solamente sconvolto dalla gran paura, in realtà erano vivi ma al momento nessuno lo sapeva. I miei si precipitarono, con lo stato d’animo che lascio immaginare, per la trazzera sotto il bevaio,  scegliendo di fare un giro largo per evitare lo stradale martellato dagli aerei, lungo il vallone finirono alle Vignegrandi, al Cozzolampo e di qui alla casetta, dopo circa un’ora. Il primo ad arrivare fu mio padre ch’era più magro e più leggero, fece una rapida conta delle persone care e si buttò s’una sedia e a gesti rassicurò che mio zio sarebbe arrivato a poco.
A tempesta sedata fu mio fratello, convinto d'aver perso la sua speranza, a rompere il silenzio con una sconsolata frase passata subito al lessico familiare:
Ammèci di gelatu… bummi!


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: shark - 06 Novembre 2007, 22:14:41
 :applauso:

Grazie ancora per la testimonianza!


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 06 Novembre 2007, 22:28:01
apprezzo molto la sua voglia e la capacità di raccontare quegli eventi.
grazie

riguardo gli sfollati ho un paio di documenti (lettere) di profughi che vivevano a villarosa da parenti, dopo il 45 partirono per roma...
ma è un'altra storia.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: arsodibastoni - 06 Novembre 2007, 22:44:52
grazie osvaldo!


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: jack_sparrow - 06 Novembre 2007, 23:03:09
Grazie OSVALDO.
Mi è venuta la pelle d'oca ma ho anche sorriso alla fine!

E' incredibile come il Villarosano riesce a trovare una battuta del genere in simili situazioni :applauso:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Zio d'America - 07 Novembre 2007, 02:22:20
Ho avuto la stessa identica reazione di Jack Sparrow.

Osvaldo, la vostra reazione a questa battuta qual'è stata?


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: rosmauro - 07 Novembre 2007, 14:04:16
Mi vengono i brividi solo a pensare quello che hanno passato i nostri cari....


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: SOLE - 07 Novembre 2007, 16:26:42
 :afro: Salve a tutti, con molto piacere mi butto nella mischia di questo forum, spero che il piacere sarà anche vostro, sono VILLAROSANO abito a Villarosa e soffro per questo momento negativo che sta attraversando il nostro paese, detto questo vorrei rendervi noto il racconto di testimoni oculari di quel giorno; il bombardamento aveva come obbiettivo il molino-pastificio dei fratelli Curione sito in via Buonarroti, i bombardieri alleati, però, fallirono clamorosamente il bersaglio sganciando sull'attuale via Cossa, il muro di sostegno dell'ex convento, ancora visibile la riparazione, e radento a suolo una casa in via Goldoni, unica vittima un mulo che sostava nella suddetta casa. Le grotte dove si riparavano i villarosdani durante il passaggio dei bombardieri, sono quelle delle "Stanzie" a sud del paese e le famose "sette grotte" ad est.
 :muto: :juve:

Citazione
non vorrei che in punto di morte mi accorgessi di non aver vissuto....
non so chi la detto ma mi piace  :stica:



Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 07 Novembre 2007, 18:02:55
:afro: Salve a tutti, con molto piacere mi butto nella mischia di questo forum, spero che il piacere sarà anche vostro, sono VILLAROSANO abito a Villarosa e soffro per questo momento negativo che sta attraversando il nostro paese, detto questo vorrei rendervi noto il racconto di testimoni oculari di quel giorno; il bombardamento aveva come obbiettivo il molino-pastificio dei fratelli Curione sito in via Buonarroti, i bombardieri alleati, però, fallirono clamorosamente il bersaglio sganciando sull'attuale via Cossa, il muro di sostegno dell'ex convento, ancora visibile la riparazione, e radento a suolo una casa in via Goldoni, unica vittima un mulo che sostava nella suddetta casa. Le grotte dove si riparavano i villarosdani durante il passaggio dei bombardieri, sono quelle delle "Stanzie" a sud del paese e le famose "sette grotte" ad est.
 :muto: :juve:
 non so chi la detto ma mi piace  :stica:



scusa ma hai dato una notizia nuova, io sapevo che volevano colpire il convento, dove erano appostati i tedeschi, come mai avrebbero puntato al molino di curione, e poi durante quei bombardamenti caddero 3 bombe una l'hai segnalata tu
le altre due davanti la fioraia nicoletti due morti, ci sono ancora i segni, sul palazzo prego i ns fotografi di immaortalare il tutto.
una in via ruggero settimo 1 morto, ma quel giorno a villarosa caddero molte più persone.



Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: SOLE - 08 Novembre 2007, 15:42:33
 :afro:La cronaca di quel bombardamento mi e stata raccontata da una persona che assistette a quell'evento, il perchè l'obiettivo era il molino-pastificio e semplice il nostro era uno dei piu grossi esistenti in sicilia naturale l'interesse degli alleati a distruggere una grossa fonte di produzione di farina e pasta. La notizia comunque mi è stata confermata da altri nostri concittadini, questo non vuol dire, comunque, che ci possano essere stati altri bombardamenti che hanno interessato altre zone : :muto: :juve:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 09 Novembre 2007, 21:37:55
la tua ipotesi, mi sembra buona, ma in un libro scritto su quei giorni, riguardo proprio il grano si parlava di un completo razionamento del prodotto.

quel racconto l'ho sentito anch'io, ma di fatto la bomba cadde in corso garibaldi proprio di fronte il barbiere

per cui altri potevano essere gli obiettivi.

Devi anche dire che era una delle prime case del paese e una delle più grandi e da alta quota poteva essere scambiato per un convento,
ribadisco, le missioni degli aerei americani erano chiare, mitragliare e distruggere posizioni antiaeree, certo è che non avrebbero lanciato una bomba sul molino se non avessero pensato che li si trovava qualche tedesco, inoltre l'ipotesi che posso pensare e che si volesse colpire la casa del podestà o la caserma dei carabinieri per esempio


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 09 Novembre 2007, 21:45:17
a comprova di quanto detto ecco i rapporti missione di quei giorni dell US AIR FORCE
07/11/43 (Ninth Air Force):
   B-24's hit airfields at Vibo Valentia, Sicily and Reggio di Calabria, Italy.
In Sicily, B-25's hit airfields at Trapani, Milo and Bo Rizzo, and areas
between Sciacca and Enna. P-40's escort bombers and provide beach cover as
invasion forces push inland in Sicily
07/12/43
ECCO IL PASSAGGIO CHIAVEand B-25's and P-38's hit Sciacca
Airfield and the town of Caltanissetta. Throughout the day NASAF fighters
attack truck convoys on Sicilian highways, and hit gun positions and targets of
opportunity.

TRADUCO VELOCEMENTE, b25 e p38 colpiscono l'aeroporto di sciacca e la citta di caltanissetta, mentre caccia attaccavano convogli di camion sulle strade e colpivano posizioni di cannoni e obiettivi che si presentavano come opportunità.

e ancora il 07/13/43
 aircraft hit ammo dumps, trains, rail junctions,
bridges, vehicle convoys, and other targets of opportunity in the Sicilian
countryside, and bomb several town areas including enna area

colpiti depositi munizioni nodi ferroviari, convogli e obiettivi che si trovavano




Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Silas - 10 Novembre 2007, 11:21:43
 :stica: :sediata: :sediata:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 11 Novembre 2007, 20:25:50
durante la liberazione della sicilia morirono diversi civili villarosani,

alcune testimonianze, fratello maggiore della vittima, racconta di un bimbo colpito da una bomba a frammentazione SHARPNEL, che esplodeva prima di toccare terra a i circa un metro di altezza sparando ad ombrello schegge
il bimbo
era neonato nemmeno un anno e venne colpito in braccio alla madre, davanti l'uscio di casa, il racconto ve lo risparmio....

fu un p40 a lanciarla


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: niki - 11 Novembre 2007, 20:49:16
Speriamo sempre che venga la pace nel mondo.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 17 Novembre 2007, 23:14:57
METÀ LUGLIO 1943: ALLA RICERCA D’UN POSTO PIÙ SICURO
L’avevamo scampata bella il 12 luglio che si chiudeva con la battuta di mio fratello che compiva quel giorno  sei anni.
Dopo quel terribile giorno l’aria di scampagnata sparì anche in noi piccini: avevamo tutti chiara la cognizione che eravamo in piena guerra; pare che non ci fossero state vittime, almeno fra i civili quel giorno, solo il cavaliere Salvatore Curione era stato colpito ad una gamba da un grosso sasso spinto dall’esplosione di una bomba nel vallone Mastro Silvestre, sotto il ponte Caramanna, oggi scomparso.
Sembrava una cosa da poco, ma la ferita fece cancrena e, dal momento che ancora in Italia non c’era la penicillina, la morte lo colse inesorabilmente.
Il cavaliere era creatore e titolare del locale mulino e pastificio, rinomato in tutta la Sicilia, che dava da vivere svariate decine di famiglie nel nostro paese: alla villa Lucrezia è esposta una foto di gruppo dei fratelli Curione e di tutte le maestranze dipendenti. La dipartita del cavaliere di lì a pochi anni segnò la fine di quell’industria. [Qualcuno nel dibattito ha sostenuto, per averlo sentito dire, che l’obiettivo era proprio il pastificio; è probabile perché il ponte Caramanna e il vallone sono a meno di 100 metri e allora le bombe non erano  ancora “intelligenti”…(bella consolazione, oggi!)]
Torniamo ai miei ricordi. Sembrava fatto apposta che nei momenti difficili non si trovavano con noi gli uomini di casa, che del resto non potevano del tutto trascurare il lavoro.
Il cannoneggiamento una mattina si fece più intenso del solito e i proiettili fischiavano così forte quasi passassero sopra le nostre teste. Le mamme presero la decisione di andar via da quel luogo maledetto,  vicino allo stradale. Partimmo per la trazzera che porta a Vignegrandi dove avevamo un piccolo terreno con soli sei ulivi e senza alcun riparo. I genitori, seguendo una certa logica, capirono dove potevamo essere andati e ci raggiunsero. Di lì salimmo in cima alla collinetta nel podere di mastru Clementi Di Salvo, dove erano alloggiati alla meglio la famiglia Bongiorno, allora arrivata in quanto a figli a quota nove.
Ricordo che di lì si godeva d’un bel panorama: la torre di Federico, che allora era ben visibile da ogni parte perché gli attuali palazzi del Monte non c’erano, pareva che si toccasse con mano. Fu mentre io guardavo verso Enna, dove ero stato da piccolissimo una sola volta e non ricordavo nulla e ora fantasticavo su quel luogo a me sconosciuto, che vidi alzarsi dall’acrocoro un’enorme colonna di fumo nero, che non lasciava sperare nulla di buono; sapemmo poi che erano morte numerosi civili a seguito di quello scoppio.
Non avevamo calcolato che più in alto si andava e più vicini si era alla traiettoria dei proiettili di cannone, tant’è che cambiammo di notte rifugio e ci sistemammo in una piccola grotta umida ed infestata da grossi e viscidi padroni di casa. M’ero sistemato accanto a mia nonna, quando sentii dietro la mia nuca qualcosa di freddo e bagnato che si muoveva lentamente; immobile e quasi paralizzato tremavo di paura ma non potevo permettermi nemmeno di pipitari.
La mattina seguente i grandi decisero che con i lattanti e con mio cugino Guido di tre anni e mezzo con la tosse convulsiva non si poteva stare più di tanto in quell’umidità; mia nonna aggiunse che durante la lunga serata, fattasi coraggio, aveva preso a mani nude un buffuni, un grosso rospo, di enorme grandezza e l’aveva scaraventato fuori, in tutto silenzio per non creare panico.
Non ci allontanammo molto di lì, dal fondo del vallone salimmo per la collina di Manca Ginestra e ci sistemammo in un piccolo anfratto nell’arenaria, quale rifugio di fortuna per  due o tre persone, che però era esposto a sulicchiata.
Il mattino seguente mio padre pregò tre provetti picconieri di miniera che in mezza giornata d’intenso lavoro ci approntarono un grotta che, finalmente, ci avrebbe fatto riposare più comodamente
Ma non fu così.
Lo scopriremo nella prossima cronaca di quei giorni rimasti indelebili nella mia memoria di ragazzino di soli nove anni.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 17 Novembre 2007, 23:33:41
Osvaldo, bellissimo racconto ed emozioni forti come sempre, ma vorrei approfondire:
penso che il 12 luglio, come vedi dai report missione, l'obiettivo dei caccia americani fossero le vie di fuga dei tedeschi ponti e strade e depositi, munizioni,
forse miravano alla casa del podestà, o alla caserma dei carabinieri, non penso ad un mulino, salvo che qualche informaizone errata riportava che li ci fossero munizioni, al contrario potevano sparare, ad una postazione che era al convento, artiglieria si diceva,

e poi ricordi la bomba che cadde in corso garibaldi... proprio dove c'era la fioraia?
forse non era il 12 luglio...


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 17 Novembre 2007, 23:40:23
I bollettini di guerra da che mondio è mondo non hanno mai ammesso le loro carognate: tutti indistintamente à la guerre comme à la guerre.
Gli americani nei loro bollettini non dicevano che avevano sgangiato bombe su abitazioni civili e che il terrorismo sugli innocenti faceva parte del gioco: fiaccare il morale di tutti. Del resto quando gli anglo-americani arrivarono nessuno rimproverò loro la vigliaccata dei bombardamenti sugli inermi.
Per prima nella storia, stando solamente all'argomento bombardamenti, furono i tedeschi nella guerra di Spagna che sganciarono le bombe sulla popolazione di Guernica.
Aggiungo un mio ricordo, sempre sulla veridicità dei bollettini di guerra.
Nel 1943 non avevamo in casa la radio, forse c'era in una decina di famiglie; io pur bambino seguivo sulla carta geografica le avanzate gloriose delle forze dell'Asse e ogni giorno alle 13 andavo alla società Umberto I a sentire il giornale radio. Andavo a riferire a mio padre: - Abbiamo affondato tre navi; abbattuti cinque aerei, fatti 300 prigionieri, ecc...
Miio padre alle mie parole diveniva triste e mi stupiva alquanto la sua reazione di freddezza dinnanzi a tale situazione favorevole; poi mi domandava:
 - E i nostri?
Io rispondevo contento e fiero: - Tutti rientrati alla base!


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 18 Novembre 2007, 00:10:17
Caro Rommel, sì, è anche vero che gli obiettivi principali potevano essere quelli da te indicati, ma nelle strategia della guerra era compreso il bombardamento ad abitazioni civili e industrie non prettamente di carattere militare con lo scopo di fiaccare lo spirito di resistenza dei cittadini, anche affamandoli. Certe volte colpivano persino le ambulanze: nel 1944 a Castel S.Giovanni di Piacenza, mio zio Peppino, fratello di papà, morì con tutti gli altri occupanti dell'ambulanza, mitragliati da aerei americani: lui infermiere, un medico e persino alcuni feriti che portavano in ospedale.
La casa dell'ex podestà Manlio Candrilli sorgeva a 500 metri dell'abitato, a Vignuzza e pare che lì, anche se per poco, ci sia stato un comando tedesco.
Sempre a Vignuzza, ai tempi del prefetto Mori, c'era il nucleo dei Carabinieri che "interrogavano" i sospetti malandrini e mafiosi. Io non ero nato ancora, ma da piccolo sentivo parlare insistentemente di torture violente ed altre sottili che facevano "cantare" un po' tutti. Quella è un'altra storia.
La bomba di cui ci sono vistosi segni nella casa della fioraia cadde 13 giorni dopo, il 25 luglio. Quelle bombe erano tedesche. Spero di parlare di quelle a proposito del bombardamente del 25  luglio.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: shark - 18 Novembre 2007, 11:02:22
Chiedo scusa per questo inserimento inopportuno e fuori tema; ho scritto di getto l'esperienza Metà luglio 1943 ... e mi è scappato un seppimo al posto di sapemmo. Questo strafalcione non posso permettermelo; spero che mi perdoniati gli altri , spero, "veniali". Grazie.


Osvaldo, grazie ancora per il tuo costante  contributo. Non ti preoccupare per l'errore, personalmente mi accorgo di produrne ogni giorno a quintali.

Piccola nota: quando ti accorgi di un errore o di un refuso sui tuoi messaggi, puoi cliccare sul tasto modifica e correggere.

 :good:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 18 Novembre 2007, 13:09:39
Osvaldo si era chiaro, nel report che ho indicato alcuni piloti americani facendo il "verbale" delle missioni sul nostro territorio, scriveranno "colpiti obiettivi militari o presunti tale".
Ho guardato una vecchia mappa di villarosa, siccome non ricordo dove era "a vignuzza" sapresti dirmi se si trovava verso enna o caltanissetta?
Te lo chiedo perchè rileggendo i rapporti italiani di quei giorni si parla di una "posizione su villarosa", ma vorrei, prima di dare un informazione errata avere conferma del luogo.

Inoltre correggimi se sbaglio il molino curione con la sua "mole", poteva erroneamente scambiarsi per un convento....


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 18 Novembre 2007, 18:41:22

Testo modificato alla luce di un'osservazione diretta alla scritta Villa Carla che ancora si legge.A Vignuzza si trova andando verso Enna, a 400 m. dopo Villa Lucrezia, sulla destra a salire esiste ancora un cancello con la scritta Villa Carla, che introduce ad una grossa abitazione, proprio a Vignuzza, non visibile dalla strada. Mi par d'aver sentito dire che l'abbia acquistata il signor N F(modificata iniziali), dell'omonimo ex forno, ma non ne sono certo. La signora Candrilli si chiamava, mi pare, Carla G.i, il figlio Giancarlo. Di lui, morto da pochi anni, se vuoi te ne potrò parlare in privato, per via della delicatezza di un episodio raccontatomi da persona di assoluta fiducia, ma non più vivente.
Il pastificio, un unico isolato rettangolare grandissimo, è parallelo a salire al corso Garibaldi, delimitato dell'ultimo tratto delle vie Deodato e Buonarroti, fino a via Solferino. Per la precisione al pastificio mancava la piccola parte del rettangolo prospiciente via Capponi, che il proprietario dei tempi della costruzione non volle vendere nemmeno dinnanzi ad un'offerta del Curione che doveva essere allettante.
Difficilmente poteva essere scambiato per il convento che era costituito da più edifici: la chiesa, le abitazioni, il cortile, il campo adiacente con le stoppie, ecc...
Che i cannoni fossero piazzati davanti al cancello del cimitero sotto la stradella è una cosa certa: ricordo con assoluta precisione che per alcuni anni ancora ad ogni 2 novembre vedevo ben sistemati a fianco dei tronchi degli ulivi cataste di centinaia di proiettili non sparati in attesa di artificieri che ne liberassero il terreno dal pericolo. Questa circostanza dimostra che i soldati dell'Asse si sono ritirati da Villarosa in fretta, altrimenti li avrebbero portati con sè.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 18 Novembre 2007, 18:45:02
le informazioni sono precise, mi ha confermato dove pensavo che fosse, un altra testimonianza mi ha parlato che in quei giorni nei terreni di fronte la catena stazionavano truppe tedesche.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 18 Novembre 2007, 19:35:43
Non credo che ci siano state queste postazioni in vicinaza della Catena, forse alla Vignuzza che è più in alto e potevano nascondersi tra gli ulivi secolari.
I miei si sarebbero accorti e saremmo sloggiati prima da Quattro Aratati, a soli 300 metri!
Accanto alla cantoniera della Catena (la Chiesetta allora non esisteva) mi ricordo che a fianco alla trazzera per Vignegrandi che passava di lì, per qualche tempo rimasero tre bombe a mano di quelle con un lungo manico.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 18 Novembre 2007, 20:09:03
una mia "parente" che conosci bene era sfollata nella casa in campagna del nonno proprio a meschino mio
e mi diceva che in quelle collinette, dove oggi c'è il frantoio a salire sotto gli ulivi c'erano le tende dei tedeschi, e ancora dopo la guerra di trovava qualche oggetto,

certmente non  vi erano postazioni, tipo artiglieria ma potrebbe darsi un plotone, o una compagnia che doveva controllare la strada..
la presenza delle bombe a mano confermerrebbe la testimonianza raccolta


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 22 Novembre 2007, 21:29:59
Villarosa, dopo il 12 luglio rappresentò l'estremità ovest della linea di difesa della sicilia, in realtà un arretramento rallentò provocò forti combattimenti in territorio di s.caterina, ovviamente, tale territorio è limitrofo al nostro e combattimenti avvennero lungo il corso del fiume salso, ponte cinque archi fu fatto saltare da genieri tedeschi


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Palermo Calcio - 26 Novembre 2007, 20:26:03
Grazie ad osvaldo e Rommel per le testimonianze di quel periodo storico che attraversò il nostro paese e che ci fanno vivere quell'epoca di cambiamenti importanti.  :good:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 05 Dicembre 2007, 00:21:53
                                                 ULTIMA NOTTE DI SFOLLAMENTO

Dopo l'ampliamento  della grotta se ne stava cominciando ad assaporare la bella comodità durante la canicola pomeridiana, quando riprese il cannoneggiamento. Ci sentivamo in certo modo in una botte di ferro per via della solidità della spelonca e dei sacchi di sabbia mimetizzati con sterpaglie a chiusura dell’entrata, quando sentimmo un vociare scomposto che s’avvicinava sempre più.
Erano le famiglie dei fratelli Rapè e affini, congiunti del concittadino Paolo che ancora non era nato. S’erano rifugiati in uno strettissimo casolare, dove era caduto uno spezzone incendiario che per fortuna non colpì nessuno, solamente incendiò le stoppie intorno. Tanto bastò per farli impaurire e scappare precipitosamente. Furono subito accolti da noi, e… addio spazio più grande.
I nostri uomini che avevano pregustato la possibilità di qualche ora di sonno al coperto, si sistemarono ancora una volta dove erano stati le notti precedenti, all’addiaccio.
Anche la vecchia nonna dei sopravvenuti, poverina, capì che il suo posto era fuori, perché dentro non c’era capienza alcuna…
Le nipoti, abbastanza mature per capire, chiamavano insistentemente la mamma Ca’ perché entrasse nella grotta: la nonna saggiamente taceva. Ed ancora reclamavano sempre più petulantemente, quando mia madre, persa la pazienza, disse:
- Non vedete com’è la situazione? Uscite voi e fate entrare lei.
Di botto tacquero e col silenzio giunse la notte.
Il mattino dopo gli ospiti cercarono un nuovo ricovero e ci ritrovammo con la grotta tutta nostra.
Tutti noi fummo finalmente sistemati e i piccoli ci assopimmo subito; non tanto i grandi perché la tosse convulsiva di mio cugino Guido, di tre anni e mezzo, non dava tregua.
La notte trascorreva tra un assopimento seguito da un risveglio, quando si sentirono delle voci che davano ordini in una lingua straniera: erano soldati tedeschi che per evitare la strada nazionale  seguivano il corso del vallone che andava a sfociare nella piana di San Francesco, oggi invasa dal lago creato dallo sbarramento sul fiume Morello.
I tedeschi erano nostri alleati, ma la loro amicizia, da quando le vicende della guerra non andavano più per il meglio, non ci convinceva più di tanto. Fino a quel momento le truppe avevano requisito solamente muli e cavalli, ma si temeva sempre il peggio: si temeva che resi nervosi dall’andamento delle operazioni belliche potevano manifestarsi più suscettibili e fare del male a quanti incappassero nel loro arretramento.
La tosse di Guido sembrava che aumentasse in concomitanza con la preoccupazione dei grandi; si tratteneva persino il respiro ma non si poteva tappare la bocca ad un bambino che spesso arrivava alle convulsioni e sembrava proprio che morisse. Io mi svegliai in quell’incombente silenzio rotto dal tossire stizzoso; fui subito zittito ed ascoltai il vociare nervoso in quella lingua gutturale che non avevo avuto mai occasione di ascoltare. Per me i soldati germanici erano degli alleati, ma l’atteggiamento eccessivamente prudente dei grandi mi comunicò che c’era qualcosa che sfuggiva alla mia comprensione, ed ubbidii.
A poco a poco le voci s’attutirono fino a spegnersi, quando l’alba cominciava a schiarire il cielo alla nostra sinistra: cominciava un altro giorno di guerra vissuta.
Più tardi avremmo saputo ch’era l’ultimo di sfollamento. I grandi commentavano i fatti della notte: la tosse del bambino ch’era al centro delle preoccupazioni, la ritirata dei tedeschi, il da farsi. Scesero giù a valle per raccogliere qualche notizia: il tam tam annunciava che in paese non c’era ombra di soldati dell’Asse.
L’annuncio ci riempì di gioia: il nostro popolo è fatto così, agisce d’istinto, e noi facevamo parte di quel popolo. L’alleato tedesco l’accettavamo perché il Duce ce l’aveva fatto vedere vincente; lui e noi credemmo alla guerra-lampo e fummo beffati.
Per noi gli Inglesi più o meno li percepivamo come i tedeschi, ma i soldati americani erano un qualcosa di diverso, quasi nostri parenti; essi appartenevano ad una terra dove i nostri parenti avevano  fatta fortuna. Pur non sapendo ancora che migliaia di soldati erano d’origine italiana ed erano venuti a combattere contro altri italiani intruppati dal Fascismo, Joe, Jim, Sam, John … erano nostri amici.
Si decise di tornare a casa perché era logico che al vuoto lasciato dei militari tedeschi doveva necessariamente seguire l’arrivo dei miricani.
Io mi ricordo con un paio di zoccoli di legno ai piedi e facevo lo spiritoso dicendo che peggio di così non mi poteva capitare e che forse i nuovi arrivati m’avrebbero consentito d’avere dei sandali di cuoio…
Rientrammo in paese lungo il vallone e uscimmo da sotto l'abbeveratoio; alle prime case vedevo persone che portavano sulle spalle, fra altre cose della mia scuola, gli attaccapanni, inconfondibili dal colore verdino col porta abiti di robusto fil di ferro fissato al legno con borchie metalliche raffiguranti una testa di leone. Mi stupii alquanto e provai gelosia per quegli oggetti portati via dalla scuola che avevo frequentato con amore per tre anni.
Le lezioni erano finite in aprile per motivi bellici, ma non sapevo quello ch’era successo negli ultimi tre mesi all’edificio scolastico, lontano da casa mia: s’era insediato in esso un ospedale militare, che ora veniva abbandonato di fretta.
Durante la notte successiva cittadini di Villarosa avevano saccheggiato l’ospedale portando via materassi, brandine, lenzuola, tovaglie di lino ed altro ancora. Quando non restò più niente di sanitario portarono via sedie, banchi e persino i registri scolastici che vendettero ai bottegai per avvolgervi le loro merci.
Arrivati a casa vedemmo i primi soldati americani che serenamente avanzavano a piedi dalla parte alta della via Milano, quasi passeggiassero.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: rosmauro - 05 Dicembre 2007, 09:11:09
Certe storie mi fanno venire i brividi...... ma sono felice che Osvaldo racconti le storie vissute.... :braaavo:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: niki - 05 Dicembre 2007, 13:56:35
Bravo Osvaldo con le tue storie, grazie :grande: :braaavo:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 09 Dicembre 2007, 18:39:20
il racconto è molto bello, ricordi che giorno era? luglio sicuro ma la data,
 è importante


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 09 Dicembre 2007, 22:51:01
il racconto è molto bello, ricordi che giorno era? luglio sicuro ma la data,
 è importante
La data esatta non la ricordo, cerco di ricostruirla: noi siamo sfollati la sera di sabato 10 luglio; mia madre sempre diceva che siamo stati in campagna 10 giorni, quindi saremmo rientrati la mattina di martedì 20. Pochi giorni dopo, domenica 25, subimmo il bombardamento tedesco, di cui mi propongo di raccogliere per iscritto i miei ricordi.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 10 Dicembre 2007, 00:10:17
                                                      I MIRICANI… I MIRICANI

Questo grido si diffuse per il paese, ma io riferisco per quanto riguarda la via Milano e giù di li fino a stratella (così, ancora con l’antico nome, veniva indicato il corso Regina Margherita).
Nella prima porta a scendere a destra della via Butera, c’era una botteguccia con bilancione di rame che vendeva pastigli, passiluna  e nuciddi. Era il regno d’una vecchia arcigna che non vidi ridere mai, poco amata dai ragazzi e non solo. Era a Impurtisa.
Era come una lumaca che non usciva dalla sua chiocciola, tutt’al più sedeva a godersi il fresco davanti alla porta.
Quel giorno di luglio si compì un miracolo; quando arrivò ai suoi orecchi il grido che annunciava la grande novità, prima uscì la testa dall’uscio e quando i tre soldati li poté scorgere all’incrocio tra via Milano con via Mazzini, mosse i suoi stanchi piedi e si piazzò in mezzo a stratella.
Quando i militari giunsero lì, colpiti dall’ampiezza dell’arteria, si guardarono intorno in tutte le direzioni. Non avevano completato la ricognizione visiva che a Impurtisa fece altri passi avanti ed andò ad abbracciare un dopo l’altro i tre militari, chiamandoli: - Figli mi’… figli mi’.
Noi ragazzi pensammo subito che avesse riconosciuto in essi dei suoi nipoti d’America, ma quelli accettarono l’inaspettato benvenuto e continuarono giù per la via Butera.
A Impurtisa resta l’icona d’un popolo ch’era stato abbindolato da una propaganda martellante di grandezza della Nazione, di riedizione dell’Impero romano, di nuove e più ricche Colonie, di bimbi che dovevano giocare con le sterline d’oro….
Il nostro popolo nella sua stragrande maggioranza era immaturo, (e temo proprio che lo sia ancora, dopo sessant’anni di democrazia) e non era preparato agli inevitabili sacrifici d’una guerra. La nostra era, ed è ancora, una giovane nazione con scarso senso della comunità. Alle prime difficoltà non stemmo più ai patti e ci siamo svegliati di soprassalto dal sonno dell’intelligenza, ma non siamo entrati in crisi come il popolo tedesco che aveva finto di non sapere e che poi non lo poté più. Noi ci siamo girati dall’altra parte e abbiamo ripreso il sonno: da un estremo siamo passati ad un altro, perdendo ancora la dignità di popolo.
Non dico che dovevamo batterci da eroi, secondo l'invito di un manifesto, dei giorni precedenti allo sbarco di Gela, che incitava “il popolo dei Vespri” a fare resistenza all'invasore, ma almeno a manifestare un minimo di amor proprio.
La gente comune in quei giorni non pensò tanto alla democrazia riconquistata, alla guerra che non era finita: il suo pensiero corse alla fine delle ristrettezze imposte dalla guerra, all’America che ci avrebbe aiutato. Eravamo sempre il popolo del "Viva Franza, viva Spagna, purché se magna".
Un’altra icona del momento era mastru Jabbicu Profeta, che era stato negli USA e di lì aveva portato la bandiera a stelle e strisce che custodiva nel cassetto do cantaranu. Egli teneva pronta una stelletta per il grande giorno dell’arrivo di Joe, John e Sam. Egli abitava sul corso Garibaldi, (pochi giorni dopo, il 25, la sua casa sarebbe stata bombardata dai tedeschi); quella mattina era appena tornato dal Giurfo in concomitanza con  i miricani e s’affrettò ad aggiungere, finalmente, alla sua bandiera la 49^ stella.
Non era il solo, tant’è vero che ebbe subito presa l’idea del M.I.S., il Movimento Indipendentistico Siciliano, foraggiato da agrari e mafiosi, che, con la scusa di far passare la Sicilia  dall’Italia agli States, miravano a liberarsi da un’autorità nazionale che in certo modo li imbrigliava.
Arrivarono con gli americani caramelle, cioccolati, gomma da masticare, carne in scatola, Lucky Strike e Chestelfield. Pian piano ci siamo americanizzati, più nel male che nel bene, con la benedizione di tutte le istituzioni morali e religiose.
I ragazzi correvano appresso alle camionette e ricevevano tutte quelle belle cose.
Io sono stato sempre un timido, per natura. Vedevo tutti con le mani piene, ma non osavo farmi avanti. Finalmente mi feci coraggio e tesi pure io la mano: un soldato di colore depose il suo dito sul palmo della mia mano e alla mia sorpresa cominciò a sghignazzare. Arrossii e mogio mogio girai i tacchi, mortificato al punto di voler sprofondare. Quella lezione mi servì: non ho teso mai più una mano nella mia vita!
I ragazzi più grandi di me, ma quelli che ci sapevano fare, colsero al volo quali potessero essere gli appetiti dell’”invasore” e subito si diedero da fare per renderseli amici generosi; non conoscevano l’inglese, dai fumetti (quelli d'argomento anglo-sassone erano proibiti) avevano imparato  “señorita” e s’arrangiarono, offrendo: - Senorita fik fik…. Senorita fik fik…
Quelli capivano, i ragazzi più intraprendenti saltavano sulle jeep e li accompagnavano in casa delle mondane locali, che in quei tempi, prima della legge Merlin, praticavano apertamente.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 11 Dicembre 2007, 09:40:57
ci hai fornito un informazione importante, hai parlato di soldati di colore, erano molti?
o meglio,
i primi in  ricognizione erano penso bianchi,

mentre i neri sarebbero arrivati dopo?

è una strana domanda, ma poi vi spiego perchè


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 19 Dicembre 2007, 00:42:15
I tre soldati della via Milano erano bianchi. Era una piccola percentuale quella di colore, ma sono venuti tutti insieme. La maestra Gallo di Palermo ma che insegnò a Villarosa per qualche decennio era affacciata alla finestra all'ultimo piano sopra il salone di Mimmo Laquatra.
Non so se c'erano pure a Villarosa, ma i pià feroci fra gli alleati erano un corpo di Marocchini che combinarono efferati soprusi di carattere sessuale...


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 19 Dicembre 2007, 00:45:01
                                                                     25 LUGLIO 1943

Avevamo lasciato le grotte, gli anfratti, le gallerie e i buchi delle miniere ed eravamo tornati a casa. L’invasore ci stava bene perché faceva star bene. Scoprimmo che i soldati americani erano in buona parte figli o nipoti di siciliani e parlavano, un antiquato dialetto siciliano. Mio padre aveva conosciuto per caso un giovane soldato siculo-americano di Pittsburg, che abitava della stessa zona della città della sorella maggiore, solo che non la conosceva. Mi padre diede a lui un appunto per rintracciarla ed assicurarle che stavamo bene e non avevamo subito danni.
La situazione di Villarosa era la stessa d’ogni angolo della Sicilia; i tre soldati che percorsero la via Milano sereni e tranquilli come se passeggiassero avevano avuta l’esperienza positiva dei paesi “conquistati” prima. Anche in quelli c’erano stati tante Impurtise, tanti mastri Jabbicu Profeta e tanto giubilo di popolo.
Gli americani in Villarosa s’erano accampati o cantìri, il cantiere delle case per gli zolfatai, abbandonato allo scoppio della guerra, nello spiazzale ove oggi sorge la scuola Villanova e l’Asilo Nido, mai entrato in funzione.
Io non andai mai da quelle parti, prima perché non ero di quelli che andavano in giro ed anche perché già San Calogero a quel tempo era considerato lontano. Prudenti come me altri non erano, fra questi Fifuzzu Lentini, di nove anni come me, figlio d’un amico di mio padre. In quel posto Fifuzzu trovò la morte; si disse che fu ferito mortalmente dallo scoppio d’una bomba a mano, ma persone che videro il cadaverino affermarono che la ferita alla testa era tipica d’un colpo di fucile: pare che sia stato sparato da un soldato ubriaco. In quei giorni da una jeep ferma sul corso Garibaldi la maestra Gallo, affacciata ad una finestra, per poco non ci restava secca per via d’una fucilata sparata da un soldato di colore, senz’altro pure ubriaco.
Fra cioccolati e caramelle si trovavano anche avventati colpi di fucile.
Al far dell’alba del 25 luglio, il Gran Consiglio del Fascismo sfiduciava Mussolini e nella stessa mattinata il Re lo faceva arrestare.
Di tutto questo i Villarosani non seppero niente; le poche radio che c’erano in paese  non potevano funzionare per mancanza assoluta di energia elettrica.
I cittadini ignari e sereni s’apprestavamo alla meglio a celebrare la prima domenica del nuovo corso.
Erano le 13,15 circa, io con mio padre ci trovavamo sul corso Garibaldi, nei pressi delle Società Umberto I, che allora sorgeva fin dalle origini dove oggi sorge la farmacia Carletta, quando si scatenò un pauroso bombardamento; ci addossammo al muro con la paura che lascio immaginare. Appena cessarono gli orribili scoppi e ci girammo per scappare verso casa, vidi il corso immerso in un fitto polverone.  Non era il momento di fare domande e così mi sono data una risposta: credevo che fossero stati gli Americani a prenderci a cannonate…
Erano stati invece bombardieri tedeschi che cercavano senz’altro di colpire o cantìri l’accampamento dei soldati americani, senza centrarlo per niente.
Una bomba caduta verso il convento uccise un signore,  mi pare si chiamasse Lombardo, che s’era sposato il giorno prima. L’altra bomba cadde su una casa sul corso, dove fino a pochi anni fa era proprietà della famiglia Palermo; allora vi abitavano due vecchietti, mi pare Cusimano, che dal secondo piano si trovarono al primo per il crollo del pavimento, illesi. Il danno maggiore la bomba l’ha fatto dirimpetto: erano al balcone il signor Pietro Patti con la figliola dodicenne, ambedue uccisi; al balcone a fianco fu ferito ad un polmone il mio coetaneo e amico, Michele Vitello.
Gli unici segni di quella maledetta bomba oggi sono ben visibili sulla facciata in cotto di fronte, sul limite con la via Capponi.
Le vittime civili di tale bombordamento furono 7 e i feriti 25.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 19 Dicembre 2007, 09:05:21
le truppe che tu citi erano chimati goumiers ed erano al soldo dei francesi,

ma tu li hai visti passare da Villarosa?


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 21 Dicembre 2007, 00:40:21
                                        8 SETTEMBRE 1943

Quanti avvenimenti erano accaduti negli ultimi mesi, precedenti a questa fatidica data!
Passano anni per un cambiamento, ma poi basta poco per capovolgere il tutto.
Era soltanto nella primavera di quel 1943 che, almeno dal punto di vista di noi ragazzi, si sperava ancora di vincere la guerra.
Villarosa situata sulla statale n. 121 Catania-Palermo era un punto di transito per uomini e cose. Si fermavano per una sosta lunghe colonne d’autocarri e noi ragazzi sbirciavamo per vedere cosa ci fosse sopra. Scorgevamo delle grosse bombe d’aereo e quello che mi meravigliava era il fatto che sulle stesse di colore verde militare spiccavano stampate delle scritte in bianco, coi nomi di Roosvelt, Churchill, GeorgeVI, … La cosa mi non mi convinceva, ma riflettendo capii che forse era una speranza e un augurio, almeno da parte nostra e tedesca, che quelle armi micidiali, colpissero direttamente sulla testa i capi degli Stati nemici.
I ragazzi cercavano di familiarizzare coi nostri soldati e qualcuno ci provava: - Milità m’a duna na pagnotta?
Non vidi mai pagnotta passare nelle mani di qualche ragazzo fortunato.
Quanta differenza fra i nostri soldati e quegli altri che avremmo conosciuto a metà luglio…
I nostri non erano meno generosi, forse avevano più cuore degli altri, solamente erano poveri in canna quanto tutti gli altri Italiani che avevamo assicurata, pagandola a prezzo calmierato, solo 150 grammi di farina al giorno.
L’argent fait la guerre, dicono i francesi. Mussolini voleva farla a colpi di baionetta… e a pancia vuota.
Malgrado tutto i ragazzi erano allegri e facevano sorridere i soldati, che erano anch’essi figli di mamma, soltanto appena un po’ più grandi di loro.
Gli occhi di costoro, com’era naturale, andavano ai balconi dei due corsi lungo i quali sostavano gli autocarri e cercavano di familiarizzare con ragazze dell’altro sesso. I tempi erano diversi degli attuali e le ragazze erano costrette dall’occhio sociale a far le ritrose.
C’era allora, in un primo piano del corso Regina Margherita una giovane donna di buona famiglia che come tutte le sue coetanee non usciva di casa ed era molto riservata. Non so come avrà potuto conoscere un caporale dal momento che i militari erano sempre di passaggio. Forse qualche compagnia era di stanza a Villarosa e la cosa mi sarà sfuggita: ero sempre il ragazzino di nove anni, non molto strataluru.
I ragazzi provocatoriamente cantavano sotto la finestra di questa poverina, sulle note di una canzoncina allora in voga:
Carmelina affacciata a’ finestra,
con la penna e il calamaio,
che scriveva una letterina
per mandarla al caporale…

[c’è un seguito che io non ricordo più: spero che ci sarà senz’altro qualcuno che se lo  ricorderà… ]
Comunque siano andate le cose ricordo che Carmelina poco dopo sposò, pare, un militare e andò a vivere fuori Villarosa: si trattava del caporale della canzoncina dispettosa? Non so.
Avevamo seppelliti i morti del bombardamento del 25 luglio; agosto era già passato; la gran parte della popolazione che non aveva parenti in armi aveva quasi archiviato la guerra… La guerra ch’era passata da Villarosa aveva lasciato non più di dieci morti in tutto, ma almeno una trentina di cittadini e bambini avrebbero perso la vita nei mesi e gli anni successivi a causa dei residuati bellici.
Pomeriggio dell’8 settembre, si sente dire che qualcosa di nuovo era successo, al solito le poche radio esistenti tacevano per mancanza di corrente elettrica. C’era nervosismo nell’aria; mio padre non lo lasciava trasparire ma il suo pensiero era sempre a suo fratello Peppino, di cui non avevamo più notizie e i cui resti li avremmo ricevuti qualche anno dopo composti in una cassetta .
Una voce in piazza passava da un crocchio all’altro: - Alla cabina c’è corrente!
I cittadini presenti, ed io con mio padre, movemmo i passi all’estremità nord del corso Regina Margherita, alla unica cabina di trasformazione, ancora oggi esistente. Su una finestrella in alto fu piazzata una radio; le fu data finalmente la corrente ma s’udì soltanto un gracchiare continuo, incomprensibile. Tutti si guardavano in faccia sperando che l’altro avesse capito qualcosa. I crocchi così com’erano scesi laggiù tornarono delusi in piazza, senza nulla sapere di più del niente che sapevano.
Nei giorni seguenti si cominciò a sapere dell’Armistizio, ma i termini precisi non li seppe nessuno,  del resto forse nemmeno i contraenti responsabili che buttarono l’Italia, il suo esercito e il suo popolo allo sbaraglio, in mano all’ex allegato tedesco divenuto, dall’oggi al domani, invasore.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 21 Dicembre 2007, 10:49:02
due cose:
la prima riguardo i mezzi che transitavano, italiani penso, con le bombe con su scritti i nomi dei nemici risale ai giorni prima dello sbarco o successivi?

sull'armisitizio cosa accadde in paese si festeggiò o qualcuno si mise a cancellare le scritte del regime non so raccontaci?

ma sopratutto in paese sapevate dell'arresto di Mussolini avvenuto ovviamente prima?


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 21 Dicembre 2007, 21:34:15
                                    PRECISAZIONE SU 8 SETTEMBRE E ALTRO

Ho ritenuto che risultasse chiaro che si trattava di un flash back, per mettere in risalto la condizione diversa dei due eserciti che si erano avvicendati nel giro di pochi mesi nella nostra cittadina. Poi la mia è stata la cronaca di quel giorno. Non ricordo quando si seppe dell'arresto di Mussolini, ma non molto lontano nel tempo. Anche se il semplice cittadino non era nella possibilità d’accendere una radio, gli americani lo erano e senz’altro l’avranno comunicato ai cittadini di Villarosa, in quanto fatto storico di grande rilevanza, tramite l’interprete locale che era il nostro concittadino Michele Pastorello, che era stato molti anni negli USA come emigrante.
In quanto a festeggiamenti non me ne ricordo, ma di sicuro gli antifascisti, della prima e ... quelli aggiuntisi all'ultima ora, avranno giubilato inscenando qualche cerimonia, magari al Monumento ai Caduti, ma resta sempre e solo una mia supposizione.
So che gli americani favorirono la formazione d'un comitato d'epurazione dei fascisti locali, ma non ci furono gravi ritorsioni nemmeno sull'ultimo segretario del Fascio, il capo stazione Guido Tajana. Furono schedati, oltre a quest’ultimo, il segretario del Comune e comandante della Milizia fascista Emilio D’Amico, di Catania; gli impiegati comunali Giuseppe Bruno e Zito Giacomo; d’altri non ho notizia.
Che non abbiano subito restrizione alcuna, ne sono personalmente certo  in quanto mi ricordo che mentre scappavo con mio padre verso casa durante il bombardamento del 25 luglio di cui ho trattato, con noi c'era pure il Tajana, da libero cittadino: avevo omesso di dirlo in quell’occasione, perchè in quel contesto non era importante.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 22 Dicembre 2007, 20:14:26
quindi riepilogando una serie di bombardamenti americani ebbero luogo dal 10 al 12/14 luglio
caduti 1/2 nel primo
tedeschi o italiani, tra il 25 luglio ed il 30
7 nell'ultimo

confermi osvaldo?


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 23 Dicembre 2007, 23:40:54
Io ricordo del mitragliamento e bombardamento in paese il 12 luglio 1943: vittima nota a me, per la ferita andata in cancrena, il cavaliere Salvatore Curione.
Il 25 luglio 1943, bombardamento tedesco al campo militare americano con 7 morti civili e 25 feriti.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 24 Dicembre 2007, 10:37:54
dove erano accampati les americains?


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 22 Febbraio 2008, 22:03:55
                                                   U COMMISSARIU AMIRICANU

È curioso che certi avvenimenti eclatanti vengano rimossi, o quasi, dalla memoria collettiva. Forse una ragione c’è: non fa piacere ricordare qualcosa che si è rivelato spiacevole, a quanti siano stati gabbati dal furbastro di turno.
Io il ricordo ce l’ho nitido forse perché tra i miei familiari non fu beffato nessuno, solo perché non eravamo in commercio né eravamo intrallazzisti.
L’episodio m’era rimasto fisso in memoria, non tanto per il gabbo giocato ai villarosani, quanto per un particolare “teatrale” che allora fece alquanto scalpore.
Prima di mettere su carta questi antichi miei ricordi cercai di trovare qualche altro particolare tra conoscenti più anziani di me. Nessuno degli interpellati ricordava qualcosa, tranne R.D. che aveva avuto raccontato proprio poco tempo prima il particolare sensazionale da un altro nostro concittadino N.G., vivente e un po’ più grande di me, ca iva o mastru presso il calzolaio che allora andava per la maggiore.
Fine estate 1943: i soldati alleati, già accampati o cantiri, avevano lasciato Villarosa, quando si presentò all’amministrazione provvisoria un signore ben vestito che parlava, oltre che in italiano, in un inglese perfetto, tanto che non destò sospetto alcuno in don Michele Pastorello, che, essendo stato molti anni negli USA, aveva fatto fino a qualche mese prima da interprete tra i soldati anglo-americani e il comitato antifascista, appena creatosi.
Il forestiero si presentò come Commissario americano e fu ricevuto con gran rispetto e timore. Divenne il Personaggio indiscutibilmente più importante di Villarosa e  rimase in paese per diversi mesi e senz’altro fino all’inverno, perché il ricordo fisico di lui mi è rimasto impresso: alto, serio, distinto, e, cosa rara per i tempi di guerra, con  un cappotto blu d’ottima stoffa e d’ineccepibile confezione.
Frequentava in special modo commercianti e intrallazzisti di Villarosa, i quali facevano a gara per entrare nelle sue grazie.
A tale personaggio non poteva mancare di certo un gesto naturale per introdursi negli ambienti borghesi del piccolo centro, che farsi fidanzato. Si dichiarò con  la matura cognata di un noto sottufficiale dei carabinieri, da molti anni residente in Villarosa. La scelta allora parve naturale, ma, a pensarci bene, non doveva essere casuale: forse aveva bisogno di scroccare qualche notizia riservata al cognato che in perfetta buona fede poteva procacciargli e così correre in tempo ai ripari in caso di pericolo per lui: ben sapeva che prima o poi si sarebbe dovuta scoprire la grande truffa che stava architettando.
In tutto il paese non si parlava altro che della bella coppia che si era formata, dei ricchi regali che il ricco americano faceva alla fidanzata….
Ma quello che sbalordì i villarosani fu il gesto teatrale della presa della misura del piede per la confezione delle scarpe della futura sposa.
Il Commissario fece venire in casa dell’amata il signor Giovanni D., che al momento era il calzolaio alla moda del paese. Il piedino della sua bella non era degno di posarsi a terra su un cartone o altra materia vile come si usa per le comuni mortali, ma su qualcosa di eccezionalmente prezioso, così, tra lo  sbigottimento di tutta la famiglia della futura consorte, do mastru che prendeva le misure e do giùvini che l’accompagnava, egli estrasse da una tasca della giacca un grossa mazzetta di bigliettoni da mille lire, la stese a terra e vi fece posare il piedino della sua bella.
La fiaba era paragonabile a quella di Cenerentola per via della scarpetta e della ricchezza del Commissario, novello Principe.
Purtroppo la fola s’infranse di colpo: nottetempo sparì da Villarosa l’abile Principe, senza lasciare traccia di sé.
Di tale episodio se ne parlò per gran tempo, ma poi sempre meno fino a farlo svanire dalla memoria dei più.
Senz’altro ci sarà stato lo zampino di coloro che avevano tutto l'interesse a coprire con un velo di silenzio tutta la vicenda, poco piacevole specialmente per gli Amministratori provvisori che se l’erano accolto al Municipio e per quanti s’erano lasciati raggirare per l’avida cupidigia di privilegi e la frenesia di maggior guadagno.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 23 Febbraio 2008, 10:01:30
questo personaggio, non ha lasciato traccia del suo operato? ha firmato qualche contratto, qualche promessa di matrimonio?

e poi il nome era vero?

Gli americani dove erano accampati al cantiere di preciso, oggi è tutto un palazzo, ma ci puoi dire qualcosa in più.

Io
da bambino ricordo una forchetta e un coltello con scritto US army, trovato al cantiere, quando ancora non c'erano i palazzi, ma forse è un ricordo sbiadito


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 23 Febbraio 2008, 19:02:09
questo personaggio, non ha lasciato traccia del suo operato? ha firmato qualche contratto, qualche promessa di matrimonio?

e poi il nome era vero?

Gli americani dove erano accampati al cantiere di preciso, oggi è tutto un palazzo, ma ci puoi dire qualcosa in più.

Io
da bambino ricordo una forchetta e un coltello con scritto US army, trovato al cantiere, quando ancora non c'erano i palazzi, ma forse è un ricordo sbiadito

Ero un bambino di nove anni attento a quanto si diceva ma non mi avventuravo perchè ubbidivo ai buoni consigli dei miei. L'accampamento americano era situato nell'unico posto possibile, dove oggi sorge la scuola Villanova, l' asilo nido (mai utilizzato) e la zona retrostante. Le sole case iniziate coi muri esterni e senza tetto erano quelle della via a sinistra guardando dallo stradale per Villlapriolo e altre due in alto in fondo alla via Pola. I pericoli non erano immaginari, ma reali; come già ho scritto in quel luogo vi trovò la morte Fifuzzu Lentini, della mia età. Si disse che morì per lo scoppio d'una bomba a mano, ma una persona grande mi assicurò anni dopo che la ferita in testa non era uno squarcio, ma il buco provocato da pollottola di fucile, forse sparato da qualche soldato ubbriaco.
Dopo negli stessi anni lo spiazzo fu utilizzato per campo sportivo e altro terreno libero restava utilizzato dal pubblico che accorreva numeroso. Sempre per dare notizie sul passato, ma fuori del nostro discorso, per campo sportivo fu utilizzato successivamente un pianoro alla Garciulla, appena dopo la casa di campagna di tuo zio Vincenzo.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rok - 24 Febbraio 2008, 12:07:15
Ragazzi ho la pelle d'oca..
Non avevo ancora letto questo topic..
Vorrei fare i complimenti ad Osvaldo per la sua testimonianza... :grande:
Rommel... :braaavo:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 24 Febbraio 2008, 15:19:09
l'hai letto tutto, no?
passalo pagina per pagina


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 24 Febbraio 2008, 15:19:56
ma tale lentini, morì nel 1943, deduco?
ricordi il mese?

quanti anni aveva?

fu soccorso dagli americani?

ci furono altri feriti? se no allora fu un colpo di fucile

che compiti svolgevano gli americani?


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: tarzan - 24 Febbraio 2008, 15:25:03
Osvaldo come sempre grazie mille per i racconti bellissimi di cui ci fai dono!!!
  :grande:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 25 Febbraio 2008, 00:19:09
                                                                    LE VITTIME INDIRETTE DELLA GUERRA A VILLAROSA

Potrà sembrare strano ma le vittime villarosane dell’11 e del 25 luglio 1943, ad invasione avvenuta,  si moltiplicarono per 3 o 4 volte, non tanto per eventi bellici ma per fatti solamente riconducibili ad essi.
Il passaggio degli eserciti avvenne in breve tempo ma furono molte le armi e gli ordigni abbandonati per le campagne.
La prima vittima innocente della lunga serie di disgrazie che si sarebbero potute evitare con un minimo di buonsenso e d’informazione, fu Fifuzzu Lentini, di nove anni e di cui ho già parlato. L’ ”incidente” avvenne nei primi giorni dell’occupazione, prima che gli americani avessero lasciato Villarosa e fu rubricato come infortunio dovuto alla naturale curiosità dei ragazzini che non prevedevano tristi conseguenze: in tempo di guerra chi comanda fa legge. E poi, chi doveva interessarsi? Il signor Lentini ancora prigioniero degli inglesi in India…?
Erano tempi di miseria e molti furono ossessionati dall’idea di utilizzare in un modo o l’altro quella massa di esplosivi a portata di mano, così ne furono stipati tanti in casupole di campagna e addirittura in paese.
Non passava settimana che si sentiva parlare di una vittima che, armeggiando con qualche mina anticarro o altro ordigno, saltasse in aria, lasciando figli e moglie in maggiore povertà. E questo durò per molti anni, anche dopo la fine del conflitto.
Un dei tanti casi: ricordo che si parlava di tal vecchietto che, nientemeno, voleva fare l'azzariatura o zappuni con una bomba a mano…!
I casi furono innumerevoli e non solo a Villarosa. Quello che mancò fu una sana informazione della popolazione prima che la guerra passasse: ma parlare di ciò alla gente sarebbe significato ammettere che qualcosa potesse non funzionare nell’avventura italiana e ciò era impensabile pretenderlo dal momento che si doveva confidare nella assoluta certezza della vittoria.
In verità ricordo che fu fatta molta pubblicità su giornali, volantini e manifesti a certi oggetti esplosivi che avevano la forma di penne stilografiche che venivano disseminate nel territorio dagli aerei nemici in volo. Qui però lo scopo era duplice, tenere all’erta la popolazione sui pericoli e far odiare il nemico che ricorreva a questi vigliacchi metodi di terrorismo. Ma la guerra era anche questo: “à la guerre comme a guerre!”
Ho parlato in altro mio intervento, sempre relativo ai fatti del 1943, dei bossoli di cannone inesplosi che per svariati anni rimasero stipati in bell’ordine sotto gli ulivi di fronte al cancello d’ingresso del cimitero. Altri ordigni furono raccolti alla meglio e radunati e conservati, non avendo dove porli, incredibile a dirsi, proprio dentro il Municipio!
Fu a circa 40 metri dalla finestra dov’erano sistemate tali bombe a mano che, sulla adiacente via De Simone, nel 1944 si consumò la più terribile tragedia ch’abbia potuto sconvolgere la nostra cittadina.
Era un pomeriggio d’agosto particolarmente caldo, io me ne stavo seduto all’ombra di fronte casa mia in via Notarianni, quando un’assordante esplosione mi fece sobbalzare. Tutti i vicini sconvolti uscirono fuori guardandosi in viso cercando di leggere una risposta in chi stava loro di fronte; le madri chiamavano i figli e ne facevano la conta, chi aveva familiare fuori o nei campi si disperava e non sapeva per quale direzione correre, quando poco dopo qualcuno che veniva dalla stradella (il corso Regina Margherita) portò la nuova che un’immensa colonna di fumo e polvere s’alzava da dietro l’orologio della piazza.
Alle spalle della casa natale di Vincenzo De Simone, sul corso,  c’era un piccolo cortile, tutto il caseggiato al di là di esso saltò in aria seppellendo molti degli abitanti ed anche un tranquillo passante: in tutto più d’una decina di persone innocenti furono stroncate anzitempo. Ricordo qualche cognome: parte della famiglia Sollami (si salvarono gli uomini che erano al lavoro in campagna e una neonata che la madre prima di morire schiacciata dal crollo ebbe il tempo utile d’una frazione di secondo per porla sotto il mobiletto della macchina per cucire, salvandola); il signor Lo Campo, nonno materno di Carmelo C. del Bar Centrale, fu quello che transitava per i fatti suoi…; d’ altri non ricordo i nomi.
I responsabili oggi sono tutti passati ad altra vita per cause naturali e quindi pace all’anima loro.
Il primo responsabile fu un vecchio che aveva ammassato tanta roba esplosiva in un sottoscala; era già passato più d’un anno dalla stupida raccolta e voleva ricavarne qualcosa di utile, così chiamò un meccanico per mostrargliela e riceverne un consiglio. Chissà cosa combinarono lì sotto, solo che quando si resero conto d’averla combinata grossa scapparono via salvandosi. Il maldestro tecnico della situazione era stato investito da una fiammata al viso e voleva far intendere che tanto gli era successo passando casualmente di là.
I fatti furono accertati e  i responsabili condannati, ma tanti poveretti persero la vita per la loro stoltezza.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: cigliazza - 25 Febbraio 2008, 10:21:45
Grazie osvaldo per questo racconto sconvolgente  :applauso:
Purtroppo questa tragedia che ci hai raccontato fu frutto dell'ignoranza dei tempi...


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: viacolvento - 25 Febbraio 2008, 12:15:11
quella bimba di cui parli è ancora viva , si chiama G A, è la moglie di P A , ex autrasportatore villarosano che per anni ha fatto la spola " Villarosa e il Belgio   " modificato per togliere i nomi


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 25 Febbraio 2008, 13:33:42
le vittime del periodo post bellico in generale furono tantissime, inoltre nelle campagne di Villarosa, verso la garcia e ponte 5 archi, si combatterono vere e proprie battaglie


il racconto di osvaldo riporta d'attualità il tema delle vittime civili, dei bambini.

sul giovane Lentini, approfondirò personalmente la ricerca.

grazie ancora osvaldo


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: tarzan - 25 Febbraio 2008, 14:24:44
Come sottolinei tu e come ha detto cigliazza le vittime del post guerra sono diretta conseguenza dell'ignoranza che c'era in giro...
Grazie come sempre del racconto!!!  :braaavo:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: cigliazza - 25 Febbraio 2008, 14:59:03
le vittime del periodo post bellico in generale furono tantissime, inoltre nelle campagne di Villarosa, verso la garcia e ponte 5 archi, si combatterono vere e proprie battaglie

Rommel cosa puoi raccontarci in merito? Sconoscevo totalmente questi eventi   :unsure:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Palermo Calcio - 25 Febbraio 2008, 19:45:49
Grazie osvaldo per i tuoi racconti!!!  :good:  :sicilia:

Penso che potresti scrivere un libro sulla "Storia dal dopoguerra ad oggi a Villarosa"!!!  :applauso:  :braaavo:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 25 Febbraio 2008, 21:00:20
Rommel cosa puoi raccontarci in merito? Sconoscevo totalmente questi eventi   :unsure:

in  questo forum ho già riportato, a titolo di esempio, alcuni rapporti missione americani in lingua inglese, inerenti i bombardamenti di Villarosa,
si voleva impedire il funzionamento delle stazioni di Villarosa e Imera ed il sabotaggio di pontecinquearchi ad opera di genieri tedeschi
in quei giorni si combatteva oltre barrafranca e caltanissetta e Villarosa erano le vie di riforinimento della linea del fronte

dalle testiomonianze di osvaldo e da alcune altre indicazioni raccolte da anziani del paese gli americani volevano colpire le postazioni di AA (antiaerea) dette flak, situate nei pressi del cimitero e del convento.
e forse Una guarnigione tedesca fuori paese.
vi furono diversi morti.

Vi furono,nei giorni della battaglia di troina e randazzo, bombardamenti tedeschi su Villarosa, una bomba cadde su  corso garibaldi, forse si voleva colpire la guarnigione americana o tagliare i collegamenti che alimentavano la linea del fronte, stavolta erano i GI's americani ad essere bersaglio

La cosa strana che registro in tutte le testimonianze è la caduta di bombe su strade quindi per colpire mezzi o uomini, forse 1 sola,( ma chiedo a Osvaldo), colpì una casa in zona convento.




sulle battaglie attorno al paese :
ve ne furono 2 fondamentali
lungo il crinale che da garcia parallelamente al fiume si muove verso villapriolo.
una a nord di villapriolo sul ponte sulla strada che va verso calascibetta,(stessa direttrice delle precedente)
molti i caduti su entrambi i fronti


ma poteva andare peggio



2 battaglie si sono combattute quindi nel nostro territorio ma vorrei dedicargli un'altra discussione


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: cigliazza - 26 Febbraio 2008, 11:25:17
Grazie Rommel  :good:

Quei terreni di cui parli in contrada garcia fanno parte degli appezzamenti di mio nonno, per questo ero parecchio interessata.
Inoltre osvaldo mi sembra che abbia raccontato di una bomba caduta al corso garibaldi in uno dei suoi post. So anche di un bombardamento avvenuto nel 1941, ma ho ricordi vaghi e non precisi in merito per quanto riguarda Villarosa; in questo attacco furono colpite numerose cittadine della Sicilia.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: proserpina - 26 Febbraio 2008, 14:59:32
grazie ad osvaldo e rommel, :applauso:
attraverso i vostri post ci è possibile venire a conoscenza della storia della nostra terra!!! :sicilia:


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 26 Febbraio 2008, 23:06:16
segnalo a tarzan e cigliazza , che ho spostato le loro risposte nella discussione su villarosa al centro della battaglia.....

chiedo agli utenti che vogliono parlare dei bombardamenti di farlo in questa discussione..

mentre per cio che attiene le battaglie combattute nel territorio vi
invito a utilizzare

l'altra


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: SOLE - 27 Febbraio 2008, 22:11:24
 :fuma:
La cosa strana che registro in tutte le testimonianze è la caduta di bombe su strade quindi per colpire mezzi o uomini, forse 1 sola,( ma chiedo a Osvaldo), colpì una casa in zona convento.
Rommel ho avuto modo di descriverti di un bombardamento di cui sono venuto a conoscenza da testimoni oculari ed esattamente raccontatomi dal sig: Terranova Giuseppe che vive tra Villarosa ed il belgio, l'obiettivo era probabilmente il pastificio dei Curione, infatti anche se questo non fu colpito le bombe caddero vicino, i danni di quel bombardamento furono il muro di sostegno del convento, ancora visibile la riparazione, ed una casa in via Goldoni, in questa casa oggi ci abito io.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 27 Febbraio 2008, 22:34:31
si grazie, di averlo ricordato,


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 28 Febbraio 2008, 00:04:39

La cosa strana che registro in tutte le testimonianze è la caduta di bombe su strade quindi per colpire mezzi o uomini, forse 1 sola,( ma chiedo a Osvaldo), colpì una casa in zona convento.

Le bombe del 25 luglio furono tedesche ed una di queste cadde nei pressi del Convento; come ho già detto morì a causa di quest'ultima un tale Lombardo che s'era sposato in seconde nozze proprio il giorno prima, sabato 24.
Queste bombe non avevano di certo per obiettivo il pastificio Curione, bensì l'accampamento americano al Cantiere.
Quanto scrivo io non è una ricerca storica su documenti, ma quanto rimane dei miei ricordi di ragazzino di nove anni appena compiuti ed anche il ricordo di racconti successivi. Ricordo che per alcuni anni, e non pochi, in famiglia a luglio si rievocavano quei giorni tristi, di conseguenza il mio ricordo si consolidava e grazie a Dio finora sono ancor vivi.
Le ricerche di Rommel sono di natura storica e a me non interessano tanto.
Lancio sempre l'appello per recuperare la foto di Villarosa inquadrata da Est, dall'abbeveratoio. E' essa originale per via delle scritte dedicate a Mussolini in occasione della visita del 1938: le fiancate delle case erano dipinte di bianco e con caratteri neri ben delineati inneggianti a lui. La foto, rappresentativa del culto della personalità del Duce, sarà stata senz'altro scattata dagli americani perchè l'ho vista pubblicata sulla rivista Oggi molto tempo fa in mano ad Enzo Restivo.
 


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 28 Febbraio 2008, 22:05:40
hai ragione osvaldo, se ricordi l'anno mi recherò di persona a cercare il numero in oggetto o l'annata presso una biblioteca di milano

in ogni caso grazie

delle precisazioni


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 28 Febbraio 2008, 22:52:47
hai ragione osvaldo, se ricordi l'anno mi recherò di persona a cercare il numero in oggetto o l'annata presso una biblioteca di milano

in ogni caso grazie

delle precisazioni

E' impossibile ricordare in quanto la rivista, a parte il tempo trascorso, non l'ho nemmeno avuta tra le mani. La foto senz'altro doveva appartenere ad un servizio di guerra americano. La famosa foto del vecchietto siciliano che con un bastone in mano indica qualcosa ad un sottufficiale americano piegato sulle ginocchia, è opera del famoso fotografo di guerra Robert Capa. La SS n. 121 era allora l'unica arteria che congiungeva Catania e Palermo; un fotoreporter come il nostro non poteva non esser passato da Villarosa, quindi...
Quello scenario l'ho avuto negli occhi per un ventennio e poi è stato risucchiato dal boom edilizio del nostro paese, peccato che in quel lungo lasso di tempo non possedevo un apparecchio fotografico...
Chissà se in qualche archivio di guerra non si possa trovare... Tu che vivi a Milano sei in una posizione privilegiata


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 29 Febbraio 2008, 19:02:56
E' impossibile ricordare in quanto la rivista, a parte il tempo trascorso, non l'ho nemmeno avuta tra le mani. La foto senz'altro doveva appartenere ad un servizio di guerra americano. La famosa foto del vecchietto siciliano che con un bastone in mano indica qualcosa ad un sottufficiale americano piegato sulle ginocchia, è opera del famoso fotografo di guerra Robert Capa. La SS n. 121 era allora l'unica arteria che congiungeva Catania e Palermo; un fotoreporter come il nostro non poteva non esser passato da Villarosa, quindi...
Quello scenario l'ho avuto negli occhi per un ventennio e poi è stato risucchiato dal boom edilizio del nostro paese, peccato che in quel lungo lasso di tempo non possedevo un apparecchio fotografico...
Chissà se in qualche archivio di guerra non si possa trovare... Tu che vivi a Milano sei in una posizione privilegiata


i fotografi al seguito degli americani realizzarono molte foto, il reparto era il signal corps, personalmente ho una foto cartacea fatta dagli americani su villarosa, ma malgrado tutto non riprende paese,

in ogni caso mi interesso, ti faccio però una domanda, ma tu in quel giornale oltre alla foto di capa hai visto qualche foto di villarosa?


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: osvaldo - 29 Febbraio 2008, 20:52:00
    STORIA DI ALCUNE CASSE DI BOMBE E D’UNA NUOVA PICCOLA GRANDE SCUOLA

Quel mattino di luglio del ’43, rientrando dallo sfollamento, avevamo visto concludere lungo il nostro tragitto le ultime fasi del saccheggio dell’ ospedale militare sistemato nel palazzo scolastico “Silvio Pellico”, quando, già prossimi a casa, salendo dalla via Butera, assistemmo nel corso Regina Margherita ad un altro assalto ad un magazzino militare italiano, situato in un grande pianterreno di proprietà della famiglia Di Giugno,  di fronte all’attuale Banca San Paolo.
I nostri soldati avevano lasciato Villarosa in gran fretta, abbandonando l’ intero equipaggiamento che non sfuggì agli occhi vigili di chi sapeva approfittare di queste saporite occasioni.
A mia madre che qualcosa da quella roba l’avrebbe saputa ricavare, invogliò mio padre a seguire l’esempio di tutti gli altri. Egli s’avviò malvolentieri, ma per non esser di meno entrò e vide decine di persone che si spingevano l’un l’altro per raccogliere le ultime cianfrusaglie rimaste e cercavano fra delle casse, che deliberatamente ignoravano, oggetti come coperte, lenzuola e altre cose utili, che avevano visto in mano ai primi arrivati che di già avevano lasciato il campo.
Mio padre osservò per un istante quella scena senza prenderne parte e quando scrutò ben bene quelle cassette che nessuno degnava d’attenzione e che anzi venivano sballottate a destra e a manca, zitto zitto indietreggiò e riprese la via di casa: aveva scoperto che esse contenevano bombe a mano!
Era destino che proprio quelle casse di bombe dovevo incontrarle io alcuni anni dopo, per fortuna ancora senza danno.
Quanto segue lo sto inserendo per dare un’idea delle difficoltà in cui si doveva trovare l’Amministrazione provvisoria per mancanza di soldi e d’un’autorità militare che potesse disporre di artificieri.
Dove sistemare quelle bombe che giacevano in una casa di privati? Chi era in grado di farle brillare?
Non potevano nemmeno essere nascoste in qualche grotta perché si temeva che qualche incosciente le trafugasse… Così le bombe furono portate… alla Casa del Fascio, da poco ribattezzata Municipio. Furono sistemate in un angolo del vano terrano prospiciente piazza Umberto I, che era  stata la palestra annessa allo stesso Fascio.
Quelle bombe, mie vecchie conoscenze indirette e simbolo della guerra, stando lì si sarebbero incontrate qualche anno dopo con una scuola, simbolo di pace e civiltà.
Nell’anno scolastico 1944-45 fu aperta a Villarosa la prima scuola media della sua storia per iniziativa di un cittadino di Piazza Armerina, tale Carcione pure direttore del Collegio privato “Plutia” di quella città.
Prima d’allora chi voleva continuare gli studi oltre la quinta elementare doveva recarsi in città, già cominciando lì col sostenere gli esami di ammissione alla nuova scuola, che allora non era dell’obbligo.
La nuova istituzione fu una grande conquista sociale e civile perché i volenterosi poco abbienti potevano accedere finalmente agli studi, con il contributo dei genitori degli alunni che si facevano carico delle tasse scolastiche, che intanto venivano a costare molto meno che andare a vivere fuori Villarosa in stanza in famiglia o in collegio (Per inciso allora era pressochè impossibile fare il pendolare per Enna o Caltanissetta, come avviene oggi).
La nuova istituzione fu intitolata a “Giovanni Verga”. L’anno successivo il Comune rilevò tale scuola chiedendone la parifica, sempre col contributo degli utenti.
Nel secondo anno di vita della scuola, io frequentai la prima media. Questa era sistemata nei pianterreni dell’attuale Municipio. Quelle attrezzature ginniche della ex Casa del Fascio divennero palestra della scuola.
Insegnava educazione fisica, pur non avendone il titolo, il signor Giuseppe Bongiorno. Questi nel passato regime era stato un appassionato di sport e ricopriva un certa carica di “cadetto” e così fu chiamato per tutta la vita, u cadettu. (Sempre per inciso, fu lui il mio informatore del fatto che la ferita alla testa di Fifuzzu Lentini aveva tutte le caratteristiche di foro di pallottola di fucile e non di squarcio di bomba). In una zona del locale palestra trovai stipate quelle famose casse di bombe a mano che attendevano da anni d’essere rimosse dagli artificieri. A tenere lontani noi ragazzi dal pericolo, c’era sistemato un robusto bancone in legno, stretto e lungo, di quelli usati negli uffici per separare il pubblico dagli impiegati. Il professore per prima cosa ci teneva informati del pericolo che tale presenza costituiva e non ci faceva avvicinare in quella zona.
Un giorno capitò, non si potè mai appurare come avvenne il fatto, che quella barriera senza base d’appoggio idonea  rovinò paurosamente. Per un istante ci guardammo tra noi attoniti e quando vedemmo scolorarsi il viso al professore che era il nostro punto di riferimento, ne nacque un grande scompiglio e tutti scappammo via pestandoci l’un l’altro. L’episodio ci procurò solamente una gran paura, che però sortì un effetto positivo: le bombe furono portate via, finalmente.
Correva l’anno 1947. Quattro anni dopo l’ Invasione!
Ho voluto fare questa digressione per far capire lo stato di sconquasso che una guerra può causare non solo per le perdite umane, ma nella soluzione di problemi contingenti e vitali per i quali non si dovrebbe aspettare anni.
Nessuno come me, e tanti altri della mia generazione, può capire il valore immenso di una scuola in quel tempo. Questa è vera storia di Villarosa che rischia di perdersi. Oggi la scuola è una normalità e persino l’Università l’abbiamo a portata di… corriera.
Poi l’accostamento fra bombe e scuola vuole indurre, specialmente chi ha avuto la fortuna di non aver conosciuto da vicine le atrocità belliche, a meditare sul valore delle opere di pace rispetto a quelle di guerra.


Titolo: Re: Il 1943 sotto le bombe
Inserito da: Rommel - 29 Febbraio 2008, 21:31:25
come sempre un bellissimo racconto