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« inserita:: 09 Marzo 2007, 07:23:10 » |
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“L’AVVENTURA DI UN POVERO CRISTIANO” di Ignazio Silone, Economici Mondadori, ca. 170 pag.- 1974 - prezzo 7,80 Euro – EAN 9788804455691
A me i vari libri letti di Ignazio Silone sono tutti piaciuti parecchio (stile ‘Fontamara’, ‘Pane e vino’ ), ma in particolare il libro suddetto. La storia di cui tratta si riferisce all’eremita Pietro di Morrone (1215-1296), che fu proclamato papa (Celestino V) e che è stato l’unico papa della storia ad aver abdicato poi al proprio pontificato. La storia vera è riportata qui sotto. Ignazio Silone si era documentato parecchio prima di scriverlo, il libro. Quello che a me è rimasto come chiara impressione di questo libro, è che è molto difficile conciliare la vera religione vissuta con le varie istituzioni necessarie per gestire la Chiesa nel mondo (tra cui quello della necessità di un capo della Chiesa, il papa, cioè). Bel libro (l'ho letto 2 volte) e storia davvero interessante, quella di Pietro di Morrone.
Storia vera: San Celestino V - Pietro di Morrone Eremita e Papa - 19 maggio - Comune Isernia, 1215 - Rovva di Fumone (Frosinone), 19 maggio 1296 - (Papa dal 29/08/1294 al 13/12/1294) Pietro da Morrone, sacerdote, condusse vita eremitica. Diede vita all’Ordine dei “Fratelli dello Spirito Santo” (denominati poi “Celestini “), approvato da Urbano IV, e fondò vari eremi. Eletto papa quasi ottantenne, dopo due anni di conclave, prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, si trovò di fronte ad interessi politici ed economici e a ingerenze anche di Carlo d’Angiò. Accortosi delle manovre legate alla sua persona, rinunziò alla carica, morendo poco dopo in isolamento coatto nel castello di Fumone. Giudicato severamente da Dante come “ colui che per viltade fece il gran rifiuto “, oggi si parla di lui come di un uomo di straordinaria fede e forza d’animo, esempio eroico di umiltà e di buon senso. Patronato:Isernia - Etimologia: Celestino = venuto dal cielo, dal latino
E’ meglio smettere di compatirlo come un caro sempliciotto, vittima di cose “più grandi di lui”. Piuttosto, quelle “cose” che lo circondano – re, cardinali, intrighi – sono piccole e scadenti di fronte a questo Pietro d’Angelerio, molisano, papa per pochi mesi. Nato da campagnoli con molti figli, ha poi studiato dai Benedettini di Faifoli (oggi in prov. di Campobasso, all'epoca in diocesi di Benevento) e più tardi va a Roma, dove riceve il sacerdozio nel 1239, con l’autorizzazione alla vita eremitica, che intraprende sul Monte Morrone, dominante la conca di Sulmona. Ma tra quei dirupi la sua fama chiama altri solitari, che lui organizza in comunità come “Eremiti di San Damiano” (detti poi “Celestini” e durati fino al 1807). Nel 1273, poi, va al Concilio di Lione: e lì, trattando personalmente con papa Gregorio X, ottiene l’approvazione per la sua comunità. Sa spiegarsi e convincere, a tutti i livelli. Morto nell’aprile 1292 papa Nicolò IV, i superstiti 12 cardinali riuniti a Perugia litigano due anni senza accordarsi per la successione, finché ricevono una lettera di durissimi rimproveri, con l’invito a dare subito alla Chiesa un capo degno. La lettera è di Pietro da Morrone, e allora i cardinali fanno Papa lui, eletto il 5 luglio 1294 col nome di Celestino V. Ma dietro l’iniziativa della lettera c’è un tipo di dubbia spiritualità: Carlo II d’Angiò, re di Napoli, che conta su un Papa accomodante per togliere la Sicilia agli Aragonesi. Infatti, eccolo gestire Celestino V a modo suo: il settantanovenne Pontefice accetta d’essere incoronato all’Aquila (territorio di Carlo II), di nominare 12 cardinali in gran parte francesi, e di risiedere a Napoli invece che a Roma. Prelati vecchi e nuovi continuano a far politica come prima; alcuni Celestini esagerano con le pretese, coprendosi con l’autorità papale... Ma questo uomo “semplice”, vacillante per l’età, capisce presto. Si scopre impotente, ingannato, usato. Riflette, interroga, si interroga... E decide, respingendo suppliche e intimazioni: il 13 dicembre ecco la rinuncia al pontificato, ecco Celestino che torna Pietro, ecco il vecchio saio al posto del gran manto. E finisce per ora tutto un giro di inganni e ipocrisie laiche ed ecclesiastiche, con questo “gran rifiuto” che Dante attribuirà a “viltade” (se è poi vero che il verso famoso si riferisse a lui). Ma per il protestante Gregorovius "in quel momento egli apparve in tutta la sua vera grandezza". Vorrebbe tornare al suo eremo, come gli ha promesso il successore Bonifacio VIII. Ma costui sporca il proprio nome facendo di lui un prigioniero in varie reclusioni, fino all’ultima di Fumone, presso Anagni, dove morirà. Rapidamente, come per un bisogno di riparazione, la Chiesa proclamerà santo Papa Celestino già nel 1313. E il suo corpo, dopo vari trasferimenti, avrà riposo definitivo nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, all’Aquila, dov’era stato incoronato. +++
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