Riconciliare scienza e fede.
Questo lo scopo di Leonardo Vetra, lo scienziato del CERN brutalmente ucciso nel suo laboratorio. La firma dell'assassino è impressa a fuoco sul petto della vittima: la antica setta degli Illuminati è riemersa dal passato per affermare il predominio della scienza ed annientare il nemico di sempre, la Chiesa. Sarà proprio l'ultima invenzione dello scienziato, pensata per dimostrare la plausibilità della genesi, a distruggere il Vaticano dalle sue fondamenta.
Un professore americano studioso di iconologia ed una attraente scienziata si troveranno, loro malgrado, ad affiancare la Guardia Svizzera ed il camerlengo nel compito di salvare S.Pietro. Come? Ripercorrendo il "cammino" segreto, una sorta di caccia al tesoro attraverso indizi mimetizzati tra i monumenti di Roma, fino al covo degli Illuminati.
Stesso canovaccio del "Codice da Vinci" per questa prima avventura del prof.Langdon, il fortunato personaggio creato dalla fantasia di Dan Brown. Impossibile esimersi dai paragoni.
Imbarazzanti le analogie della parte iniziale dei due romanzi: un uomo, custode di un grande segreto, ucciso da un assassino spietato assoldato da un misterioso e potente personaggio; il prof.Langdon svegliato nel cuore della notte; un'affascinante ed intraprendente ragazza, legata affettivamente alla vittima, che lo affiancherà nella scoperta dei misteri che si celano dietro l'assassinio.
Per chi ha letto prima il Codice, come me, tutte queste corrispondenze non predispongono bene alla lettura. Si ha quasi l'impressione che l'autore abbia abbozzato struttura e stile poi perfezionati nel romanzo successivo che gli ha dato notorietà in tutto il mondo.
Capitoli brevi che presentano personaggi diversi le cui vicende si andranno ad intrecciare, linguaggio abbastanza semplice, una giusta commistione tra temi antichi e moderni.
Il tutto non è, però, perfettamente amalgamato, tanto da poter essere diviso in tre parti molto diverse:
una prima quasi esclusivamente scientifica, ambientata al CERN, a mio avviso troppo lunga ed eccessivamente dettagliata riguardo alla descrizione dell'invenzione di Vetra;
la parte centrale dedicata alla stramba caccia al tesoro ed all'inseguimento dell'assassino che non risulta completamente avvincente;
la parte finale ricca, anche troppo, di colpi di scena e capovolgimenti.
Secondo me è questa la parte più riuscita per quanto riguarda l'estro dell'autore, l'originalità e la capacità di tenere col fiato sospeso a fronte di un racconto, fino a quel punto, abbastanza banale e scontato; sicuramente la parte più controversa che può non piacere e sollevare critiche ma, perlomeno, suscita qualcosa in chi legge.
Nel complesso la storia si presenta decisamente meno accattivante.
Gli ingredienti ci sono tutti ma manca quel qualcosa che ha fatto diventare "Il Codice da Vinci" un best seller mondiale.
Gli argomenti sottesi alla narrazione, seppur attuali e capaci di intrigare il lettore suscitando riflessioni e dubbi inquietanti (come possono essere d'aiuto all'uomo moderno rituali obsoleti e cardinali vegliardi disperatamente sorpassati?), restano intrappolati tra le pagine.
La caratterizzazione dei personaggi, le vicende, le emozioni tutto rimane sospeso a metà strada tra il racconto fantastico ed il romanzo che solleva temi d'attualità. D'altra parte, a mio avviso, la storia è priva di "suspense". Lo stesso Robert Langdon troppo spesso si trasforma da professore universitario in Superman e questo fa perdere credibilità al personaggio e toglie spessore a tutto il racconto. Fin dall'inizio si capisce che arriverà in fondo all'avventura, circostanza scontata per chi sa che le vicende narrate nel Codice, che lo vedono nuovamente protagonista, sono successive. Le sue rocambolesche avventure, i suoi salvataggi ai limiti dell'assurdo ed alcune situazioni portate all'estremo fanno sorridere più che appassionare il lettore.
Il personaggio di Vittoria Vetra, inizialmente ben caratterizzato, sfuma man mano che si va avanti nella lettura; la sua personalità si affievolisce e rimane la sensazione che la sua presenza fino alla fine del romanzo si spiega solo perché ci vuole una bella figura femminile ad affiancare il protagonista, lasciando così uno spiraglio ad una possibile storia d'amore.
A mio avviso, la figura di Carlo Ventresca, il camerlengo, è, senza dubbio, quella maggiormente riuscita.
recensione tratta da:
www.ciao.it/Angeli_e_demoni_D_Brown__Opinione_652901