Forse è questo il capolavoro per eccellenza di Charlotte Bronte. Ispirato alle esperienze personali della scrittrice ottocentesca di istitutrice e di allieva presso collegi rigidi, esso costituisce un'opera letteraria delle caratteristiche molto innovative. Jane Eyre è il perfetto opposto dello stereotipo della donna dell'epoca: non è ricca, non appartiene a una classe agiata, non è bella, non è fortunata ma e anticipa la figura della donna moderna, indipendente, che rifiuta le convenzioni sociali e la morale corrente costruendo da sè la sua vita nonostante le molteplici difficoltà poste da un destino spesso avverso.
Abbastanza fluida la lettura che dopo un inizio lento, quasi meditato, va avanti con ritmo incalzante. Eccezionale la descrizione di luoghi e personaggi, sempre estremamente realistica ed incentrata sugli aspetti psicologici, che consente quasi al lettore di vivere l'esperienza di Jane sulla propria pelle.
Jane è una ragazza orfana, costretta a vivere dapprima da una zia privata da ogni affetto e successivamente in un severissimo istituto in cui assiste alla perdita della sua unica amica, stroncata dalla tubercolosi. A 18 anni riesce a diventare insegnante. E' assunta come istitutrice di una bambina dal signor Rochester, tipo malinconico e sardonico. Nasce un amore ricambiato ma nel momento di coronarlo con il matrimonio, all'altare, questo è impedito dalla rivelazione che la moglie di lui, ormai matta e reclusa in casa, è viva. Jane fugge. Raccolta dal reverendo John Rivers, sta per sposarlo e per accompagnarlo in India. Ma una notte ha l'impressione che Rochester abbia bisogno di lei. Spinta dall'amore si reca a Thornfield Hall ma la casa è in rovina. C'è stato un incendio e Rochester nel tentativo vano di salvare la moglie, ha perso la vista…. Circostanza perfetta per garantire il lieto fine (abbastanza prevedibile) del romanzo.
recensione tratta da.
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Nephilem