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VILLAROSA 1943: la consegna dei prigionieri di guerra italiani Da: Rommel Inserito il: 22 December 2007, 20:36:57
conquistata la sicilia gli americani dovevano preparare dall'isola le spedizioni per il resto della campagna italiana.
Per evitare che le truppe scampate alla cattura creassero scompiglio o azioni di guerriglia emisero il proclama che invitava i soldati siciliani sbandati e rifugiatisi nelle proprie case a consegnarsi alle autorità americane entro 24 ore.
Succedeva cosi, una volta che la linea del fronte avanzava e le posizioni nelle retrovie erano solide e sicure, entravano in azione i Gi's americani che dovevano rastrellare i soldati italiani sfuggiti alla cattura.
La cosa avvenne anche a VIllarosa tra il 30 luglio ed il 15 agosto.
una testimonianza affidabile mi parla proprio del 10 agosto, ma chiedo conferma.

Gli americani arrivati in paese affiggono un cartello e tramite il banditore girano il paese dando l'ordine ai soldati italiani di Villarosa rifugiati nelle proprie case di consegnarsi entro 24 ore. Dopo l'ultimatum ogni individuo uomo in borghese risultato soldato italiano sarebbe stato arrestato e giudicato secondo il codice di guerra rischiando di essere giustiziato. fortunatamente non avvenne mai.
Gli YANKEE, non risparmiarono l'uso della forza.
Qualcuno venne trivati in casa altri in campagna  le spie proliferavano, con la fame che c'era ....e i villarosani preferirono consegnarsi direttamente ed  ebbe inizio la lunga processione verso il punto di raccolta.
I villarosani che in quei giorni di luglio erano in forza alle nostre forze armate dislocate in Sicilia erano soldati dell'aeronautica, della divisione livorno, aosta, assietta, e dopo aver combattuto sino a caltanissetta o nei propri aeroporti molti fuggirono verso casa.
Villarosa venne raggiunta poco dopo la fuga dei tedeschi e l'arrivo degli americani (17-18 lug) prima che bivio ramata e misericordia cadessero in mano alleata. gli altri villarosani dovettero desistere alcuni seguirono il fronte ma rientrarono a casa solo a fine guerra.

in paese rientrarono in tanti,  molti con il pensiero della famiglia, altri non più giovanissimi. pensavano che fosse finita e dopo la caduta del governo mussolini pensavano ad una fine della guerra ormai prossima. ma non fu cosi.
per gli americani erano un pericolo, erano il nemico.
cosi molte centinaia di villarosani e villapriolesi nelle proprie case in paese o in campagna saputo del proclama/ultimatum e dei rastrellamenti si consegnarono. sarebbero stati prigionieri di guerra? questo non era chiaro ma oggi possiamo dire di si. I modi e alcune azioni furono discutibili ma nessuno si fece male: eravamo in guerra. Arresti veri e proprio furono compiuti solo per i gerarchi fascisti.

a fine giornata, sulla ss121,
si formò una lunga fila di uomini vestiti in abiti civili le divise erano state abbandonate, faceva caldo e su villarosa affluivano camion da enna e da nicosia per raccordare e supportare le truppe al fronte.
all'altezza del cartello"villarosa" in direzione di caltanissetta, un buldozzer spianò un terrapieno nella collina. oggi li sorge un palazzo con un negozio di edilizia. scavò un fosso profondo 1.5mt e grande quanto mezzo campo di calcio; venne piazzato il reticolato con 4 o 5 soldati di guardia,

tutti i villarosani identificati come soldati venivano trasportati in quella direzione, messi in quella immensa fossa in attesa di decisione.
 ben presto diventarono centinaia.
un giorno non bastò per raccoglierli tutti.
Le famiglie saputo del dislocamento dei pirgionieri facevano la spola per vedere i propri cari.
chi  riusciva, chiamava, piangeva, urlava, le scene le più drammatiche,potete immaginarle.

madri,mogli e figli piangevano nel vedere il proprio caro chiuso da un reticolo in un fosso come fosse un animale, molti si sentirono male.
gli americani diedero qualche razione di acqua e niente più. Non sapevano se tra loro c'erano fascisti e nel dubbio non risparmiarono loro un po di fame e sete. Accertata l'identità il trattamento cambiò radicalmente.
Certo il luogo senza ombra in una spianata ad agosto per due giorni?
ovviamente, i bisogni fisiologici si facevano li, alla faccia dell'igiene e della privacy.
Non stupitevi, era normale, nella fase di cattura si faceva cosi, abbiamo altre testimonianza sia in africa e francia.

I villarosani erano prigionieri la lista fu completata, arrivarono i camion e gli uomini
divisi in contingenti furono imbarcati, per gli USA, l'inghilterra, l'india, la palestina per loro la guerra sarebbe finita nel 1945 quando dopo la liberazione le porte dei campi POW (prisioniers of war) si sarebbero aperte.

Coloro che si dichiarorono anti fascisti lavorarono e ottennero degli stipendi e una liquidazione in inghilterra e usa, ma molti ancora l'aspettano.
I fascisti e i soldati che dopo l'8 settembre non accettarono la lettera di dichiarazione di antifascismo proseguirono il trattamento secondo la convenzione di ginevra.
Alcuni di loro, prigionieri in Italia, furono dichiarati alleati e tornarono al fronte.


Dopo le bombe, come vedete villarosa subì la "sua deportazione",certo non come quella che i film ci hanno fatto conoscere ma non fu un bella scena.

 
il resto della storia alla prossima


Re: VILLAROSA 1943: la consegna dei prigionieri di guerra italiani Da: Palermo Calcio Inserito il: 26 December 2007, 18:09:29
Impressionante!!!  Oooh

Chissà se esistono foto di questa sorta di "Campo di concentramento Villarosano"? 



P.S.: ovviamente so che cosa siano stati veramente i "campi di concentramento", ma con questa definizione non vorrei aver urtato la coscienza e la sensibilità di alcuno... 
Re: VILLAROSA 1943: la consegna dei prigionieri di guerra italiani Da: Rommel Inserito il: 27 December 2007, 08:05:35
attenzione, non è un campo di concentramento, al contrario,
si tratta di uno spazio usato qualche giorno per riunire i prigionieri di guerra


ok, è la guerra, ma fortunatamente non era quello che hai detto tu. perchè? non c'erano nemmeno le baracche? e poi erano prigionieri di guerra quindi..stavano sotto la convenzione di ginevra, per cui non ci dovrebbero essere nemmeno foto
Re: VILLAROSA 1943: la consegna dei prigionieri di guerra italiani Da: osvaldo Inserito il: 12 January 2008, 23:23:45
                                                                                                       TUTTI A CASA!

Il termine “deportazione” mi appare alquanto esagerato; non perché non sia stato forte il dramma dell’alternativa tra il nascondersi e il consegnarsi. Essere presi prigionieri è di per sè una gran brutta cosa, ma essere a casa propria, salutare le persone care e consegnarsi coi propri piedi è senz'altro un'esperienza tremenda. Io ero piccolo e la mia famiglia non fu interessata direttamente, di essa solo un mio parente si consegnò. Il bando americano doveva essere stato duro per ovvi motivi di sicurezza delle retrovie, anche se l’accoglienza del "nemico" da parte dei siciliani fu troppo benevola, fino ad essere persino esagerata: sembrava che si trattasse dei propri soldati ritornati vittoriosi.
Io ho conosciuti alcuni di quelli che non si sono consegnati al vincitore, oggi tutti deceduti, ma non erano dei resistenti pronti alla… lotta clandestina. Erano solamente e prudentemente degli imboscati in casa. Ma conoscendoli bene posso assicurare che avevano capito che si poteva benissimo rischiare; se così non fosse stato sarebbero stati i primi a presentarsi al nemico.
Conosco perfettamente il caso di un gruppetto di amici che avevano deciso di consegnarsi tutti insieme, ma all'ultimo momento due di loro si pentirono senza avvisare gli altri, che, non sapendo della loro scelta, andarono.
Ricordo l'odio che nutriva ancora a distanza di anni la moglie d'uno di questi verso gli altri commilitoni "traditori"... Poverina, ancora ripeteva che quando incontrava costoro nelle feste con le rispettive mogli, mentre lei aveva il marito prigioniero, le veniva la tentazione… di strozzarli!
Andò bene a tutti e persino ci furono molti che si pentirono di non essersi consegnati agli americani e di essere rimasti a casa, in quanto i prigionieri furono trattati con riguardo e invitati a svolgere un lavoro retribuito.
Tornarono a casa nel 1945 con un discreto gruzzolo in dollari. Con questo chi si comprò animali utili alla campagna, chi avviò una piccola attività commerciale, chi comprò un podere....
Quanta differenza di trattamento dei prigionieri di guerra tra belligeranti d'una stessa guerra!
Intanto voglio cogliere l’occasione per giustificare i comportamenti del popolo italiano, e dei siciliani in particolare, in quei momenti drammatici e di grande confusione generale.
Gli Italiani siamo stati spesso tacciati di tradimento perché non abbiamo portato a termine una guerra intrapresa.
Ogni affermazione contiene quasi sempre solo una mezza verità.
A piazza Venezia si gridò “Guerra….guerra”, è vero, ma lì certamente non c’erano i portatori della reale volontà del popolo: quella folla non era un Parlamento scelto dagli Italiani, era una scelta accozzaglia di scalmanati, scriteriati e guerrafondai, che pensavano a giovarsi della vittoria sulle democrazie coloniali.
Mia nonna, nella sua semplicità, accusava gli studenti d’aver voluto il conflitto. Poi quando cominciò a capire, assolvette gli studenti, e se la prese col diretto responsabile che ci aveva buttati in quel vespaio, Mussolini, che da quel momento, in famiglia, cominciò a chiamarlo “Mussulurdu”.
Io bambino allora non capivo certe sfumature dei discorsi anche perché era proibito di parlare di politica.
Ricordo bene che nei circoli e nei locali pubblici c’erano delle targhette con la scritta “Qui non si parla di politica”. Di politica, a senso unico, ne parlavano solo i fascisti e la propaganda di regime fino alla nausea, con scritte persino sui muri in bella forma e a caratteri cubitali dove s’inneggiava al Duce e vi si riproducevano i suoi slogan di supremazia della razza e di conquiste a spese d'altri popoli.
Sotto sotto c’era un gran malcontento che non poteva affiorare nemmeno, perché c’era il rischio d’esser mandati al confino o di subire gravi ritorsioni.
Era impensabile qualsiasi forma pur minima di satira e con le barzellette bisognava starci attenti. Era in voga in tempo di guerra, con la fame che c’era e le bombe che fioccavano, la battuta di due che s’incontravano, uno diceva:
- Come va?  E l’altro: - Non ci possiamo lamentare.
Ricordo ancora che prima dell’invasione le scuole s’erano chiuse in anticipo per gli eventi bellici; mia cugina, che studiava in collegio ad Enna, tornata a Villarosa in tutto segreto ci disse che all’entrata del cimitero del capoluogo qualcuno di notte aveva scritto “Il Duce qui ci conduce”. Per me era una bestemmia perché, nel mio piccolo, speravo un buon esito della guerra che ci avrebbe dato la possibilità d’ allargare l’Impero.
Ho fatto questa premessa per giustificare i nostri padri che andarono alla guerra solo perché costretti: non presentarsi alla chiamata alle armi era un delitto equiparabile all'alto tradimento.
Il nostro popolo, lo stesso che aveva combattuto per l’Unità nazionale,  non considerò sua questa guerra.
Così quando sbarcarono gli Alleati, nominalmente nostri nemici, il popolo siciliano si scrollò di dosso un regime che non ammetteva idee ed obiettivi diversi dai suoi.
Ben diversa fu la guerra degli Inglesi. Quando il loro Re chiamò al Governo Churchill, questi nel suo discorso d'insediamento promise al popolo “lacrime e sangue” ;  nondimeno questo lo seguì fino alla vittoria finale. Altro esempio nobile fu quello dei Norvegesi, un popolo che non conosceva cosa fosse la guerra da diversi secoli. Una mattina, senza essere in conflitto, si svegliarono invasi dai Tedeschi. Sgomenti non seppero reagire anche perché non avevano un esercito in grado di opporsi. Ma giorno dopo giorno il popolo si organizzò in una guerriglia sui generis: fiaccarono l’invincibile esercito invasore col favore del “generale inverno”: pochi valorosi sciatori, notte tempo e con la tecnica del mordi e fuggi, colpivano all’improvviso le postazioni tedesche e svanivano repentinamente nel nulla.
La guerra era stata dichiarata da Hitler e Mussolini: il popolo italiano, pacifico per natura, non la sentiva sua, soltanto la subiva.
La tanto strombazzata unità nazionale era tutta propaganda; il ricordo dei seicentomila morti italiani nella guerra del 1915-18 era decisamente vivo nel cuore di quanti avevano perso, appena 25 anni prima, i loro cari sulle trincee del Carso.
Con questo stato d’animo fu subita una guerra che non si poteva respingere, così i militari siciliani che poterono raggiungere casa anche a piedi, opportunamente se la squagliarono.
Del resto di lì a due mesi i Reali d’Italia con i loro generali fecero altrettanto.